Giampaolo Manca è stato un esponente di spicco della Mala del Brenta, terribile organizzazione criminale che per circa 20 anni, dagli anni ’70, terrorizzò il nord est della nostra penisola con omicidi, sequestri, traffico di droga e rapine. Oggi Giampaolo Manca ha 67 anni, e più della metà, quasi 37, li ha passati dietro le sbarre di cui dodici in isolamento. La prima volta in galera fu negli anni ’70, quando era ancora minorenne, e da lì è stato un continuo dentro e fuori, fino all’ultimo arresto.



Nell’ultimo periodo ha deciso di dedicarsi alla scrittura, a mettere tutto ciò che aveva dentro nero su bianco, e così che ha partorito circa 4mila pagine, arrivando a scrive anche il suo primo libro “Dall’inferno e ritorno”, edito dallo stesso, e da cui è stato tratto un docufilm in lavorazione. La svolta accadde in un giorno particolare e nel contempo dolorosa: «Mia moglie – racconta oggi Giampaolo Manca, parlando in esclusiva con i microfoni de Il Giornale – mi chiama e mi dice: «Tuo padre è in coma. Ha un tumore. È stato operato. Chiamo il sacerdote e gli dico se mi poteva aiutare».



GIAMPAOLO MANCA: “NON MI SONO MAI PERDONATO”

L’intervista volge poi sulla sua carriera criminale, perchè lo faceva? «All’inizio era un gioco. Mio padre era un violento. Io ho fatto la quinta elementare. Sono cresciuto ribelle. Andavo nelle chiese a rubare i quadri. Mi chiamavano il Doge. Poi da un gioco divenne un lavoro. Prendevo un sacco di soldi. Per il male che ho fatto anche se mi avessero dato 50 anni andava bene lo stesso».

Manca si dice profondamente pentito, non ha mai voluto sconti ne ha mai collaborato, ed ora con i suoi libri spera di aiutare i bimbi in difficoltà: «Porto questo messaggio alle nuove generazioni. Vado nelle scuole. Nelle chiese. Nelle università. Per dire ai ragazzi, vi prego, le strade per essere migliori non sono di certo quelle che ho percorso io. Andate a scuola. Nella vita non si può ottenere tutto subito. Devi lavorare. Impegnarti. Ci sono sacrifici da fare». Di mezzo la gioia di diventare nonno (ha un nipotino di 9 mesi): «A 67 anni Dio ha deciso che diventassi nonno. Ero pronto. Anche questo è un altro dono. Io so che lui mi ha perdonato. Ma sono io che non mi perdono».