Movimento 5 Stelle in cortocircuito sulla giustizia, netto Gian Domenico Caiazza. Raggiunto da Il Foglio, il presidente dell’Unione camere penali italiane è tornato sul via libera alla riforma Cartabia in Consiglio dei ministri, evidenziando senza troppi giri di parole: «La riforma Bonafede, cioè il principio dell’eliminazione di ogni forma di sanzione della durata irragionevole dei processi, è una assurdità barbara».



Gian Domenico Caiazza ha dato atto al governo e alla ministra Cartabia di aver avuto il coraggio di produrre un superamento del principio sopra citato, considerando soprattutto il quadro politico nel quale ci troviamo: «Sarebbe stato preferibile recuperare la prima proposta avanzata dalla Commissione Lattanzi, quella che migliora la riforma Orlando prevedendo una sospensione del decorso della prescrizione per massimo due anni dopo la sentenza di primo grado e un anno dopo l’appello». Il numero uno di UCPI ha dunque aggiunto: «Se entro il termine il processo non viene celebrato, la prescrizione riprende a decorrere e il periodo di sospensione intercorso è computato ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere».



GIAN DOMENICO CAIAZZA SULLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA

Una soluzione, quella della commissione Lattanzi, rispedita al mittente a causa delle pretese propagandistiche del Movimento 5 Stelle e Gian Domenico Caiazza ha le idee chiare sul perché: è stato necessario confermare il principio della riforma Bonafede introducendo una prescrizione processuale, «poi però i Cinque Stelle si sono resi conto che la prescrizione processuale, rispetto alle loro “sensibilità”, crea problemi persino maggiori». Senza dimenticare l’allarme lanciato dall’Anm e da alcuni pm simboli del fronte antimafia, basti pensare a Federico Cafiero De Raho e Nicola Gratteri. Questi ultimi, infatti, hanno paventato il rischio della morte di migliaia di processo di mafia. Tranchant Gian Domenico Caiazza: «É una menzogna. Non esistono processi di mafia che vengono celebrati in appello oltre un termine di due anni, per una ragione banalissima. Si tratta di processi a carico di imputati detenuti e nessuna corte d’appello fa scadere i termini di custodia cautelare senza celebrare il processo […] Siamo di fronte a una pressione indebita, ideologica e terroristica. Si usa il pretesto dei processi di mafia che andrebbero in fumo per condizionare la libera determinazione del legislatore».

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