La guerra Russia-Ucraina ma non solo, attenzione agli altri fronti aperti: così Gianandrea Gaiani ai microfoni de La Verità. Il direttore di Analisi Difesa ha rilasciato una lunga intervista a La Verità ha acceso i riflettori sulla crisi in corso – tutt’altro che non prevedibile a suo avviso – e ha posto l’accento sui prossimi fronti caldi pronti a esplodere, «vere e proprie bombe innescate da strategie geopolitiche tese ad allargare le aree di influenza e operazioni volte ad appropriarsi di fonti energetiche o materie prime».



Nel corso del suo intervento, Gianandrea Gaiani ha rimarcato che esistono focolai di tensione sottovalutati, a partire dalle aree calde del confronto con le milizie jihadiste. L’esperto ha sottolineato che i russi stanno mandando in diversi Paesi i loro contractor del gruppo Wagner, a partire da Mali e Centrafrica: «In Africa la presenza dei russi sta superando quella dei Paesi europei, i francesi in particolare che nella zona a Sud della Libia sono l’ex potenza coloniale».



GIANANDREA GAIANI SUI FRONTI CALDI

Gianandrea Gaiani ha spiegato che la Libia resta un’area di forte destabilizzazione, con Turchia e Russia garanti della stabilità nel Paese, fondamentale anche per l’Italia in termini di energia e immigrazione. Ma non è tutto. Per quanto riguarda il Mediterraneo, c’è da fare attenzione all’ostilità tra Turchia e Grecia, con il Paese di Erdogan a caccia di gas nelle zone di mare che Atene e Cipro considerano di loro esclusiva pertinenza: «Visto che la crisi energetica sta crescendo e c’è necessità di trovare nuovi giacimenti, c’è da aspettarsi che questo confronto tra le isole dell’Egeo e attorno a Cipro possa aumentare di intensità». Gianandrea Gaiani si è poi soffermato sulla situazione tra Cina e Taiwan: «C’è chi dice che i cinesi guardino alla crisi ucraina come un modello. Se i russi dimostreranno che con l’uso della forza possono ottenere gli obiettivi strategici, sarebbe un segnale di incoraggiamento per la Cina a tentare un colpo di mano con Taiwan. Io però sono scettico. Distruggere Taiwan non è nell’interesse di Pechino e conquistarla con uno sbarco di dimensioni mai viste non sarebbe una passeggiata, anche senza l’intervento americano in difesa di Taiwan».

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