Condannato a 30 anni di reclusione per i delitti del Mostro di Firenze, di cui lo speciale andrà in onda giovedì 9 dicembre su Nove, Giancarlo Lotti è senz’altro il personaggio più oscuro della banda che si rese protagonista tra tra il 1974 e il 1985, degli efferati omicidi nei confronti di giovani coppie. Chiamato il Katanga, era nato come Mario Vanni a San Casciano in Val di Pesa, precisamente il 16 settembre del 1940. La sua infanzia non fu delle migliori: perse i genitori quando era ancora molto giovane e crebbe isolato da tutti. All’epoca dei fatti era un disoccupato con alle spalle piccoli lavori saltuari. Giancarlo Lotti era alcolista fin dall’adolescenza con problemi intellettivi. Non riusciva a mantenersi e per questo motivo era aiutato dalla Caritas locale e viveva in un alloggio della canonica di un parroco.
Lotti dichiarò di aver visto il delitto di Scopeti del 1985 accusando Mario Vanni e Pietro Pacciani: “Quando si fu tornati all’altezza della macchina io ero parecchio impaurito. Uno dei due mi parve il Vanni, anzi era sicuramente il Vanni. Quello tarchiato con la pistola, lo riconobbi per il Pacciani.” Successivamente la sua presenza fu individuata anche nel delitto del 1984, grazie ad alcune intercettazioni e poi si dichiarò colpevole dell’omicidio dei due ragazzi tedeschi del 1983 dove avrebbe sparato, dietro minaccia di Pacciani.
Giancarlo Lotti, la confessione dei delitti
Le sue testimonianze in qualità di reo confesso furono molto utili per la risoluzione del caso dei delitti del Mostro di Firenze. Le confessioni dell’uomo, nonostante apparissero in un primo momento ambigue e deliranti, si rivelarono decisive per incastrare i cosiddetti “compagni di merende”, ossia la banda sgangherata e feroce composta da Mario Vanni, Giancarlo Lotti, Fernando Pucci e Pietro Pacciani, anche se quest’ultimo alla fine venne assolto. Pare che Lotti, nonostante sapesse di essere inchiodato per le sue responsabilità, abbia voluto uscirne con il minor danno possibile.
Giancarlo Lotti è stato più volte visto come un soggetto altamente suggestionabile, una sorta di mitomane e quindi poco credibile. Tuttavia le perizie alle quali l’imputato fu sottoposto dimostrarono il contrario: “Vale la pena allora subito ricordare che il detto individuo (Lotti Giancarlo n.d.r) sottoposto a perizia da consulenti del Pubblico Ministero nel corso delle indagini preliminari, è stato dichiarato soggetto “lucido, vigile cosciente, perfettamente orientato nel tempo, nello spazio, nei confronti della propria persona e della situazione in esame” – Ha fatto presente il giudice. Alla fine Giancarlo Lotti non ha ottenuto, come richiesto dal suo avvocato, nessun beneficio come collaboratore di giustizia. Ruolo che non gli fu riconosciuto. La sua condanna a 26 anni di carcere fu interrotta nel 2002 per gravi motivi di salute. Il 30 marzo di quell’anno morì all’età di 61 anni all’ospedale San Paolo di Milano dove era ricoverato per un tumore al fegato.