In una lunga presentazione a RepubblicaTv, nella rubrica di Giulia Santerini “About a book”, lo scrittore Gianfranco Carofiglio ha provato a raccontare nel dettaglio il contenuto tutt’altro che banale e “fuoritempo” del valore profondo e accorato dello stupore. In una società che vive freneticamente colpita da migliaia di immagini, è sempre più difficile – e quando accade sembra davvero un evento – stupirsi di qualcosa: lo scrittore torna a prendere i “panni” del suo personaggio forse più amato dal grande pubblico, l’avvocato Guido Guerrieri, nel nuovo libro “La misura del tempo”. «Il tempo è un protagonista costante e “accelera”: quando eravamo ragazzi, l’esistenza sembrava infinita. L’inizio e la fine della scuola sembrava infinito… mentre oggi se pensiamo ai prossimi 10 mesi ci sembra che tutto sia molto contratto, più veloce», racconta Carofiglio a RepTv nel presentare il nuovo romanzo. «Bisogna tenere gli occhi aperti, come diceva Proust: bisogna avere occhi nuovi non per forza vedere cose nuove. Lo stupore come il coraggio è una cosa che può essere imparata e praticata», sottolinea lo scrittore che da Guerrieri si “apre” fino all’uomo contemporaneo.
GIANFRANCO CAROFIGLIO, LO STUPORE E LA VITA
Nel nuovo volume edito per Einaudi, Carofiglio narra le vicende del suo protagonista preferito nell’affrontare un caso praticamente impossibile da risolvere: cerca di “slavare” da una condanna per omicidio in secondo grado il figlio di una sua ex compagna. La sfida è enorme ma è solo un “pretesto” per condurre i lettori nei meandri della giustizia così come dell’esistenza umana dei diversi protagonisti. A circa metà del volume, sottolinea la Santerini, forse la parte più interessante di tutto il romanzo: «Siamo appiattiti perché facciamo sempre le stesse cose: abbiamo più consapevolezza da giovani perché le cose che ci accadono avvengono per la prima volta, ma quando cresciamo tutto questo cambia. Quando diventiamo più grande la paura della morte si fa più presente e allora tendiamo ad anestetizzare le coscienze: riduce l’angoscia da un lato, ma perdiamo la capacità di stupirci per la meraviglia che ci circonda», racconta Carofiglio prima di leggere alcuni passi de “La misura del tempo”. «Il protagonista ha nostalgia dello stupore… certi luoghi fanno sentire nostalgia dello stupore, essere storditi dalla forza di qualcosa. Forse proprio lo stupore, se fossimo capaci di impararlo, l’antidoto al tempo che accelera così traumaticamente. Il tempo scorre veloce quando si invecchia fino a quando tutto pare ridursi ad un unico piccolo sentiero, ma questo è anestesia della coscienza: sbiadisce i colori anche se aiuta ad attutire la paura della morte», sottolinea con pacatezza, e allo stesso tempo certezza, Gianfranco Carofiglio.