A sette anni di distanza dal Leone d’Oro per Sacro Gra e reduce dal successo del suo Fuocoammare, candidato all’Oscar per il miglior documentario, Gianfranco Rosi è tornato al Festival di Venezia con il suo ultimo film, Notturno. Un documentario girato nel corso di tre anni in Medio Oriente sui confini fra Iraq, Kurdistan, Siria e Libano, nelle sale italiane da ieri – 9 settembre 2020 – su distribuzione 01 Distribution. Un’opera che narra la tragedia continua di guerre civili, dittature feroci, invasioni e violenze dell’Isis, che si pone l’obiettivo di «rendere il confine immaginario tra la vita e la morte, tra la vita e l’inferno», come spiegato dal regista ai microfoni di Repubblica. E non sono mancati i momenti in cui ha rischiato la vita: «Ogni trasferimento in certe zone è un rischio, a ogni check point ti aprono le valigie, aspetti ore in un ufficio».



GIANFRANCO ROSI: “VOLEVANO RAPIRMI”

Nella lunga intervista rilasciata a Arianna Finos, Gianfranco Rosi ha rivelato che alcuni criminali hanno tentato di rapirlo: «Una notte al confine con l’iran, mentre giravamo la scena nelle paludi, abbiamo scoperto che c’era una barca che mi cercava per rapirmi». Fortunatamente il regista ed i suoi collaboratori sono riusciti a scappare, ma la paura è stata tanta: «I miei assistenti mi hanno detto “ti avrebbero rapito e avrebbero ucciso noi per non lasciare testimoni”, mi ha commosso la loro dedizione, io almeno ero lì per un’idea». E Rosi ha spiegato di aver tentato di mimetizzarsi: «Mi sono fatto crescere la barba, mimetizzato con i vestiti ma quando tiri fuori la camera diventi un bersaglio. Io guardavo dentro l’obiettivo, a volte gli altri mi trascinavano via».

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