Gianluca Anastasi, figlio di Pietro, storico centravanti della Juventus, ha ripercorso sulle colonne del quotidiano “Avvenire” gli ultimi mesi di vita del suo genitore. L’ex attaccante era malato di Sla: “Ce ne siamo accorti dopo controlli di routine – ha detto Gianluca –. Papà aveva male a una gamba. Un giorno ha cominciato a inciampare e mia madre si accorse che teneva sempre il collo storto: ‘Pietro, raddrizzati, perché stai così?’, gli ripeteva. Papà non se ne accorgeva neppure”.



A quel punto, i familiari di Pietro Anastasi decisero di rivolgersi a un luminare di Torino, il professor Adriano Chiò, per capire se si potesse trattare di sclerosi laterale amiotrofica e, purtroppo, il suo referto non lasciò spazio a dubbi né a speranze. Ma ad Anastasi non fu rivelata la verità: “Papà era emotivamente molto fragile. Dai controlli emerse anche un cancro al polmone e, se fosse stato solo quello, si poteva ancora sperare. Andavo a trovarlo e condividevo con lui quella speranza, mentre tenevo per me il segreto della Sla. Piangevo di nascosto ogni volta che lo salutavo e me ne tornavo a casa mia, perché sapevo che contro quel morbo non c’era nessuna speranza di guarigione…”.



GIANLUCA ANASTASI: “MIO PADRE PIETRO SOSPETTAVA DI AVERE LA SLA. QUANDO L’HA CAPITO SI È LASCIATO ANDARE”

Sempre ai lettori di “Avvenire”, Gianluca Anastasi ha svelato che il padre Pietro aveva qualche sospetto sulla sua malattia, però solamente negli ultimi due mesi di vita ha avuto la certezza che si trattasse di Sla. A quel punto ha chiesto di non essere più assistito: nessun accanimento terapeutico, nessuna lotta inutile. “Una scelta dolorosissima, perché Pietro Anastasi amava profondamente la vita – ha aggiunto il figlio –. Era un credente e praticante che alla domenica non mancava di andare alla Santa Messa, fino a che ha potuto”.



Il numero di morti di Sla e tumori nel calcio comincia a impressionare (leggansi in tal senso i recenti casi di Siniša Mihajlović e Gianluca Vialli, ndr) e Gianluca Anastasi ha sottolineato: “A noi papà Pietro aveva raccontato di aver preso farmaci per guarire da infortuni, come antinfiammatori. Sicuramente aveva preso il Micoren anche lui. Per quanto concerne la Sla, si era fatto l’idea che potesse dipendere dai traumi, dai colpi di testa”. Veder morire un proprio caro di Sla, ha concluso l’intervistato, è “devastante e alle altre famiglie di calciatori che hanno vissuto esperienze simili dico che sarebbe utile fare chiarezza sulle possibili relazioni tra la malattia e l’attività calcistica svolta. Testimoniare è quanto mai utile, specie in questo momento storico. Poi, dobbiamo aiutare la ricerca per porre fine a queste agonie e affinché trovi la soluzione per debellare la Sla”.