Maxi evasione? Solo un equivoco per Gianluca Vacchi, che si difende dopo la notizia dell’inchiesta della Guardia di Finanza. Lo fa nell’intervista al Giornale, partendo da una premessa: non ha né scheletri nell’armadio né ha paura di affrontare qualsiasi cosa esca su di lui. Il motivo per il quale l’imprenditore e influencer ha deciso di parlare è uno coso: «Quando ho letto titoloni ovunque in prima pagina Gianluca Vacchi evasore, mi sono chiesto: Se mia figlia avesse dieci anni e leggesse queste cose, io come potrei spiegarglielo? Ecco perché ora ho deciso di darle questa intervista. Perché sto pensando a mia figlia». Dunque, il caso evasione è «un enorme e strumentale equivoco». Nel suo caso, si parla di occultamento di redditi pari a 7 milioni di euro. A tal proposito, Vacchi spiega: «Io dalla Guardia di Finanza ho ricevuto una contestazione che ha portato al pagamento da parte mia di seimila euro. Sa perché? Perché mi hanno spiegato che non erano deducibili i costi legati ai viaggi in aereo».
In realtà, quei 7 milioni riguarderebbero invece la sua attività di imprenditore, per la quale è stato sottoposto a diverse verifiche fiscali. «La cifra in questione riguarda il periodo fra il 2017 e il 2019». Quindi, Gianluca Vacchi sottolinea che la contestazione riguarda «finanziamenti, fatti alla luce del sole, dalla mia holding verso me stesso che per la Guardia di Finanza erano assimilabili a dei dividendi. Io, per amor di pace, ho convenuto con loro e ho pagato come se fossero dei dividendi. Ecco la storia dei sette milioni. Questa non si chiama evasione».
GIANLUCA VACCHI “ATTIVITÀ DI INFLUENCER USATA IN MODO QUASI RIDICOLO PER FINI ECONOMICI”
Per Gianluca Vacchi, dunque, non è evasione, ma «differente opinione sulla contabilizzazione fiscale di determinate voci». Non c’è niente di occulto in questa vicenda per l’influencer, in merito alla quale al Giornale chiarisce che sfrutta economicamente i social meno di quanto potrebbe. «La mia attività di influencer l’ho utilizzata in maniera quasi ridicola per fini economici». Riguardo il valore di 70mila euro dei suoi post, Vacchi precisa che forse «è il valore che avrebbero se li avessi capitalizzati». Molto più semplicemente, per l’imprenditore le cose stanno diversamente da come vengono raccontate. «In tutta la mia attività di influencer, circa dieci anni, le operazioni che hanno fruttato guadagno si contano sulle dita in una mano». I suoi guadagni derivano dal suo lavoro, ma a proposito della convinzione che sui social i guadagni siano facili, Vacchi parla di «grande equivoco».
L’influencer aggiunge: «Molti pensano che guadagni molto per una foto che ti porta via trenta secondi del tuo tempo, ma non è così, perché in realtà tu non stai pagando quei trenta secondi. Tu stai pagando i dieci anni che io ci ho messo a diventare un influencer». Comunque, l’astio nei confronti degli influencer, secondo Vacchi, è legato alla «rabbia di non essere stati in grado di cogliere quella opportunità che sembra così facile. L’astio è in realtà l’idea che gli influencer siano lo specchio dell’insuccesso di quelli che avrebbero voluto farlo ma non ce l’hanno fatta».
GIANLUCA VACCHI “VENDITA QUOTE? ORA MI GUARDO INTORNO”
Riguardo la sua attività, Gianluca Vacchi al Giornale spiega che sta «cercando di capire come investire al meglio il patrimonio ricavato dalla vendita delle quote dell’azienda di famiglia» di cui era azionista. «Mi sto guardando intorno». Di sicuro esclude di scendere in politica: «Ho poche regole di vita. Una è quella di essere un soggetto apolitico. Per me oggi non dovrebbero esistere più i partiti, o la faziosità, o la memoria alla quale la faziosità si aggrappa, ma dovrebbe esserci solo il buonsenso. E il buonsenso in politica dice che si sta allargando troppo la forbice tra chi è povero e chi è ricchissimo. E il problema è chiudere un pochino questa forbice, facendo prendere l’ascensore sociale ai più poveri. Non si fa gridando fascisti! Oppure gridando: comunisti! Si fa con una tecnica di redistribuzione». E possono usarla gli stessi imprenditori: «Faccio un po’ meno profitto e pago un po’ di più i dipendenti. Redistribuzione vuol dire attenzione al sociale». Infine, tra Biden e Trump sceglie il secondo, pur sperando in un’alternativa: «Sono più vicino ai repubblicani».