Gianluca Vialli, ex attaccante e attuale dirigente della Nazionale italiana di calcio, ha descritto a “Sogno Azzurro” la sua estenuante lotta quotidiana contro il cancro. L’ha fatto, appunto, nell’ambito della prima delle quattro puntate della docu-fiction firmata dal regista civitanovese Manuele Mandolesi e che ha l’obiettivo di svelare aneddoti, retroscena e segreti degli Azzurri che da venerdì 11 giugno intraprenderanno il loro percorso agli Europei, nella speranza di coronare il loro cammino con la conquista di un titolo davvero sfuggente nella storia dell’Italia, capace di conquistarlo un’unica volta nel 1968.



Vialli ha sottolineato che il tumore rappresenta un compagno di viaggio indesiderato, ma, nonostante questo, bisogna andare avanti, viaggiare a testa bassa senza mollare mai, sperando che si stanchi e consenta a chi ne è affetto di vivere ancora per tanti anni. “Sono stato un giocatore e un uomo forte e vulnerabile – ha aggiunto –. Qualcuno si può essere riconosciuto con la voglia di fare qualcosa d’importante. Il cancro è più forte di me e se lo combatti perdi”.



GIANLUCA VIALLI: “SONO QUI CON I MIEI DIFETTI E LE MIE PAURE”

Di fronte ai microfoni e alle telecamere di “Sogno Azzurro”, Gianluca Vialli ha poi specificato, a proposito del cancro che l’ha colpito, di essere perfettamente consapevole del fatto che vi siano tante persone che pensano che se sta bene lui, possono farcela anche loro. “Sono qui con i miei difetti, le paure e la voglia di far qualcosa di importante”, ha concluso l’ex calciatore, tra le altre, di Sampdoria e Juventus, prima di descrivere il suo amico Roberto Mancini, attuale commissario tecnico della nostra Nazionale. Nei suoi confronti, Vialli ha speso parole al miele, definendolo un leader serio, tranquillo, che non deve dimostrare più niente a nessuno. “Ci sono delle regole, ma si fida dei giocatori. Ci siamo conosciuti in Nazionale quando eravamo due ragazzini. Era un giocatore forte, tecnico, velocissimo. Ricordo che la prima volta insieme mangiammo e parlammo della Samp… Nei miei gol c’era il suo piede e nei suoi il mio”.

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