A poche ore dalla tragica morte di Gianluca Vialli, spentosi ieri all’età di 58 anni dopo una lunga malattia, sono tanti gli aneddoti riguardanti il campionissimo del mondo del pallone, a cominciare dal famoso rifiuto al Milan di Berlusconi. Erano gli anni ’90, Vialli era da poco passato dalla Cremonese alla Sampdoria, e l’ex patron rossonero si innamorò di “StradiVialli” al punto da offrirgli un ricco ingaggio e un superattico, ma il bomber di Cremona rifiutò: «Non me ne vado di qui finché non vinco lo scudetto». E così fu perchè a maggio del 1991 la Samp alzò al cielo il tricolore per poi raggiungere l’anno seguente la clamorosa finale di Coppa Campioni a Wembley, persa 1 a 0 contro il Barcellona.
Fra i tanti aneddoti che ricorda Giorgio Gandola per la Verità anche lo scontro con Zdenek Zeman negli anni del passaggio di Vialli alla Juventus, e delle accuse di doping del boemo. Vialli definì le parole dell’allenatore delle «coglionate di un terrorista» per poi aggiungere: «Alla Juventus nessun dirigente mi ha mai chiesto di giocare bene, tutti di vincere. Lì il successo è più un sollievo che una gioia». Ed in effetti a Torino vinse tutto, a cominciare da quella Champions League che i tifosi bianconeri attendono da troppo tempo. A 32 anni lo sbarco al Chelsea dove ancora una volta fece la differenza vincendo Fa Cup, Coppa delle Coppe, Coppa d’Inghilterra, e vestendo anche i panni di allenatore/giocatore, subentrando a Ruud Gullit.
GIANLUCA VIALLI: “LA MALATTIA? LA COMUNICAI ALLE FIGLIE IL SANTO STEFANO”
Nel corso della sua carriera, come ammesso dallo stesso Vialli, ha voluto bene a tre giocatori, a cominciare da Andrea Pirlo, passando per Ray Wilkins, compagno a Londra, e infine Andrea Fortunato, morto di leucemia a soli 24 anni. Il giorno del funerale del bianconero, Vialli pianse a diritto per il collega «perché ho visto con quale forza ha affrontato un dramma vero, non solo problemini legati a vittorie e sconfitte».
Nel 2017 è quindi arrivata la scoperta del tumore al pancreas, tre parole che messe vicine fanno terrorizzare, e che Vialli sperava forse di aver sconfitto, soprattutto nella notte di Wembley, quando vinse l’Europeo ma soprattutto commosse il mondo intero con il suo abbraccio a Mancini, una delle immagini più belle che il calcio ci abbia mai regalato. Di mezzo il Santo Stefano di cinque anni fa, giorno in cui Vialli decise di confessare alle figlie, Sofia e Olivia, di essere malato: «per non rovinare loro il Natale».