Nino Vialli, fratello di Gianluca, a un anno dalla scomparsa del grande campione di Sampdoria e Juventus, lo ricorda sulle pagine del Corriere della Sera: “È un ricordo continuo. Anche perché io, negli ultimi anni, da che mi sono trasferito in Thailandia, Luca l’ho vissuto pochissimo. Ci sentivamo per telefono. Spesso, dopo che ha scoperto la malattia, non mi rispondeva, a volte neanche ai messaggi, io credo per l’imbarazzo che gli chiedessi “Come stai?”. Si faceva sentire quando stava proprio bene, sennò si negava un pochino”. Un anno fa, intorno a Natale, alla famiglia è stato detto che a Gianluca non rimaneva molto tempo: “Mia moglie Nadia e io siamo stati ininterrottamente a Londra in quei giorni e ho avuto la soddisfazione di riscoprire un rapporto che comunque c’era. Un rapporto da fratello maggiore”.



Quei giorni in clinica, Vialli “era cosciente che la fine si avvicinava, l’attendeva con impazienza, voleva smettere di soffrire, di lottare. Non era da lui, ma la malattia era durata troppo. Era fatto alla sua maniera. Quando siamo arrivati in stanza, ci ha detto: “Non preoccupatevi: se voglio qualcosa, ve la chiedo”. Il 27-28 dicembre ci ha rincuorato: “Siete i compagni ideali, siete qui, io so che ci siete”. Penso che la sofferenza fosse troppa. Si appisolava sempre più frequentemente, si svegliava poco e noi abbiamo solo potuto stagli vicino. Eravamo tutti lì quando è spirato”. La famiglia, da quel giorno, non si è mai sentita sola: “Tante persone sconosciute ci hanno contattato”.



Gianluca Vialli, il fratello: “Era brillante”

Luca Vialli, da bambino, era “superiore alla media. Ci teneva a primeggiare. Era il primo della classe. Era spiritoso, simpatico, estroverso, faceva le gag” racconta il fratello Nino al Corriere della Sera. La decisione di fare il calciatore arrivò prestissimo: “A 2-3 anni. Si applicava, rimaneva in cortile, tirava di destro e di sinistro alla porta del garage. Era interista come me, mentre i miei fratelli e mio padre erano juventini. Gli piaceva molto Boninsegna. E poi Pelè. Crescendo, ha avuto una venerazione per Johan Cruijff. Gli piaceva molto il gioco dell’Olanda. Lo studiava, con il Subbuteo”. Quando Mancini lo ha voluto al suo fianco agli Europei “me lo ha detto subito, a trattativa in corso. Forse lì mi ha chiesto un parere, si è confidato, aspettando che io gli dicessi qualche cosa”.



La risposta di Nino è stata “che gli faceva bene stare nel giro. Lui non voleva fare l’allenatore per non rubare tempo alla famiglia. Era un ruolo che gli si confaceva, gli impegni della Nazionale sono diradati nel tempo e poi non era in prima linea. Si poneva il problema di non scavalcare Mancini, ma Mancini non si vergognava di chiedergli consigli. Anche perché quando erano alla Samp, Luca era il capopopolo”. Nino Vialli, parlando del fratello, lo descrive come “brillante. Dire spiritoso è limitativo, intelligente è limitativo. Brillante forse mette insieme tutta la sua personalità. E perfezionista”.