Sono senza dubbio positive e fanno ben sperare le ultime parole rilasciate dal grande Gianluca Vialli, dirigente sportivo ed ex calciatore, che da qualche mese sta lottando contro un tumore al pancreas, uno di quelli più letali stando ai numeri forniti dalla sanità. Intervistato stamane da Repubblica ha spiegato: “A dicembre ho concluso diciassette mesi di chemioterapia, un ciclo di otto mesi e un altro di nove. È stata dura, anche per uno tosto come me. Dura, dal punto di vista fisico e mentale. Gli esami non hanno evidenziato segni di malattia. Sono felice, anche se lo dico sottovoce“. Inizia quindi a vedere la luce in fondo al tunnel il campionissimo ex Cremonese, Sampdoria, Juventus e Chelsea, anche se, come specificato dallo stesso, è ancora troppo presto per cantar vittoria. I segnali di ripresa, dopo mesi duri, sono comunque evidenti: “Significa vedersi di nuovo bene allo specchio, guardare i peli che ricrescono, non doversi più disegnare le sopracciglia con la matita. In questo momento, può sembrare strano ma mi sento quasi fortunato rispetto a tanta gente“.



GIANLUCA VIALLI: “IL CALCIO? PRIMA LA SALUTE”

“Vorrei che la famosa frase ‘quello che conta è la salute’ diventasse davvero centrale – ha proseguito il 55enne lombardo, mandando un messaggio forte in un periodo drammatico come quello che stiamo vivendo ormai da due mesi a questa parte causa epidemia da coronavirus – vorrei che non accettassimo più nessun taglio alla sanità pubblica. Vorrei che non crollassero più i ponti, e che la sicurezza delle persone diventasse prioritaria. Vorrei che ci ribellassimo a queste città piene di smog che uccide”. Si parla anche della possibile data di ripresa dei vari campionati, fermi da settimane per via dell’emergenza sanitaria. Vialli, da capo delegazione della Nazionale, dice la sua, invitando a mettere da parte gli interessi personali: “Si dovrebbero dimenticare gli interessi di parte e gli egoismi, anche se capisco i presidenti alle prese con una crisi mai vista. Qualcuno per forza di cose ci rimetterà. Un errore da non commettere è la fretta. Si abbia fiducia nelle competenze di quelli che se ne intendono e ci dicono cosa fare: preghiamo che lo sappiano davvero. E si torni in campo solo quando i medici e gli esperti diranno che è possibile”.

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