La vicenda di Gianmarco Pozzi è tornata al centro di “Storie Italiane”, trasmissione di Rai Uno condotta da Eleonora Daniele e andata in onda nella mattinata di oggi, mercoledì 27 aprile 2022. C’è, infatti, una novità importante relativa al caso, comunicata di fronte alle telecamere dal signor Paolo, il padre del ragazzo, il quale ha rivelato di avere ricevuto una lettera anonima, inviata il 4 aprile e recapitata dopo 16 giorni perché non aveva su riportato il Cap.
L’avvocato della famiglia di Gianmarco Pozzi, Fabrizio Gallo, ha consigliato all’uomo di inviarla al procuratore via raccomandata e così è stato fatto. Il legale, in tal senso, asserisce: “Noi prendiamo le distanze da quanto viene detto nella lettera, perché sono riportate circostanze molto gravi. Quello che noi abbiamo fatto subito è stato richiedere accertamenti e questi si possono fare, verificando se in quel periodo ci sono stati messaggi tra le persone indicate nella missiva. Ci sono in particolare illazioni sul primo medico legale che ha deciso di non fare l’autopsia e ha scelto di fare esclusivamente un’ispezione cadaverica. Se si è trattato di suicidio, ce lo devono dimostrare, perché noi abbiamo dimostrato l’esatto contrario: nessuno ci ha ancora detto come si è suicidato questo ragazzo”.
LETTERA ANONIMA ALLA FAMIGLIA DI GIANMARCO POZZI: “CHI SA DEVE PARLARE”
Sempre a “Storie Italiane”, il padre di Gianmarco Pozzi, il signor Paolo, ha detto: “Ho scritto per la seconda volta a Sergio Mattarella e Marta Cartabia. Chiedo loro di leggere queste missive, perché ci sono troppi errori nell’indagine, per non dire orrori. Preciso che io non ho nulla contro il pm, lo vedo che si sta applicando e ce la sta mettendo tutta”. La sorella di Gianmarco Pozzi, Martina, ha aggiunto: “Qui ci sono troppe coincidenze e troppe coincidenze formano una prova. Chiedo che chi sa parli”.
E la supertestimone che disse di avere visto il corpo di un uomo, presumibilmente quello di Gianmarco Pozzi, essere trasportato su una carriola? “Noi non sappiamo se sia stata cercata oppure no, perché le parti offese nei processi penali non devono mai sapere nulla. Di questa signora non sappiamo niente, non si sa neppure se ci sia la volontà di cercarla. La carriola c’era sul luogo dei fatti, come abbiamo dimostrato con la nostra fotografia”.