C’è un’importante svolta nel caso relativo alla morte dell’ex campione di kickboxing Gianmarco Pozzi. Dietro ci sarebbe una rete di spaccio tra Roma, Ponza e Napoli con un volume d’affari di 5mila euro al giorno, 150mila euro al mese. Lo evidenzia l’ordinanza del gip Domenico Di Croce del tribunale di Cassino che ieri ha portato all’arresto, con restrizione ai domiciliari, di 5 persone e all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, due volte al giorno, per tre indagati, accusati a vario titolo di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, cocaina e hashish. Una operazione che avvalora l’ipotesi della famiglia Pozzi, secondo cui il ragazzo è stato «ucciso nell’ambito del traffico di stupefacenti tra Ponza e Roma».



Lo ribadisce l’avvocato Fabrizio Gallo, legale della famiglia, che si dice soddisfatto di questa svolta. «Finalmente si smuovono le acque», ha commentato, come riportato dal Messaggero. Il 27enne fu trovato morto il 9 agosto 2020 con la testa fracassata e ferite multiple su tutto il corpo, in un’intercapedine tra il muro di contenimento di un terreno e una villetta, in località Santa Maria, sull’isola di Ponza, a poche centinaia di metri dalla casa in cui viveva con alcuni ragazzi.



I DUBBI SULLA VERSIONE DEL COINQUILINO

I provvedimenti cautelari riguardano anche il coinquilino, Alessio Lauteri, da ieri ai domiciliari, Vincenzo Pesce, titolare del Blue Moon dove lavoravano i due ragazzi. Ai domiciliari anche Angelo e Circo Monetti, Antonio Iaria. Invece Manuel M., Marco B. e Antonio P. sono destinatari della misura dell’obbligo di presentazione alla pg. Le indagini sul traffico di stupefacenti, condotte dalla Compagnia dei Carabinieri di Formia e coordinate dalla procura di Cassino, hanno tratto spunto proprio dalla morte del giovane pugile romano, che faceva il buttafuori al Blue Moon. Gli inquirenti però ieri hanno precisato che sono in corso accertamenti riguardo la morte del giovane.



Nell’ordinanza, infatti, si evidenzia che le circostanze del decesso avevano destato da subito perplessità negli investigatori per il suo coinvolgimento in attività di spaccio a Ponza e per i dubbi sollevati dalla sorella Martina Pozzi, sentita dagli inquirenti. Inizialmente la morte era stata attribuita ad una caduta accidentale mentre era sotto effetto di cocaina. Ma questa ricostruzione è stata smontata dalla perizia medico-legale del professor Vittorio Finisci, consulente della famiglia, in base a cui il 27enne fu massacrato di botte e poi gettato nell’intercapedine. L’inchiesta sullo spaccio ha portato alla luce la testimonianza di un barista di Formia che rivoluziona gli orari forniti dal coinquilino di Gianmarco Pozzi sulla tragica mattina del 9 agosto.pozzi