Gianmarco Saurino, uno degli attori italiani più giovani, molto amati dal pubbico, si racconta per la prima volta ai microfoni di Verissimo. “Sono il più piccolo di tre figli maschi. Da piccolo volevo fare il giornaista d’inchiesta. Quando avevo 16 anni lavoravo in un giornale locale mi mandarono ad intervistare una signora di una gioielleria che era appena stata rapinata. Lei piangeva e io non sapevo cosa chiedere. Le ho chiesto se aveva voglia di raccontarmi l‘accaduto e lei mi ha guardato con tanto dolore negi occhi che me ne sono andato. Il direttore del quotidiano mi ha mandato via e lì ho capito che non avrei mai potuto fare il giornaista , racconta l‘attore che, però, prima di dedicarsi alla recitazione, ha avorato anche nei villaggi turistici. Si passa, poi all’amore: “Sono innamorato da un paio di anni. Lei fa la chef e vive a Firenze ed è pugliese come me. Mi sono fidanzato appena ho cominciato ad avere successo e questo mi ha aiutato a mantenere i piedi per terra. Lei è sempre stata brava a starmi accanto. Sono molto contento” (aggiornamento di Stella Dibenedetto).



“Non chiamatemi attore: sono un operatore culturale”

Classe 1992, Gianmarco Saurino è già uno dei volti iconici della fiction italiana. Oggi è ospite a Verissimo, per raccontare – oltre al suo percorso – anche il suo modo di vivere il successo. Gianmarco ha frequentato il laboratorio sperimentale del Teatro Limoni di Foggia, per poi trasferirsi, a soli 19 anni, a Roma, dove si è diplomato presso il Centro Sperimentale di Cinematografia. Dopo la breve esperienza teatrale, è approdato in tv nei panni dell’avvocato Nico di Che Dio ci aiuti. Tra il 2017 e il 2018 ha preso parte alla miniserie C’era una volta Studio Uno e a Non dirlo al mio capo, con Lino Guanciale e Vanessa Incontrada. Di recente ha collaborato con Eman per il videoclip di Tutte le volte, sul tema dell’eutanasia. Della sua vita privata si sa poco e niente. Basta spulciare il suo profilo Instagram, per capire che Gianmarco è un tipo molto riservato. Difficile dire, al momento, se sia fidanzato o meno.



Le due anime di Gianmarco Saurino

L’imprinting teatrale di Gianmarco Saurino è a dir poco evidente. “Io ho iniziato con il teatro”, spiega a Today, “anche se ho fatto il centro sperimentale, quindi ho una forte impronta cinematografica. Il principio è riuscire ad abituare il pubblico, portarlo dal divano al teatro per ascoltare una storia. Quando ho iniziato a fare tv ho pensato che se riuscivo a portare il pubblico televisivo in teatro avrei fatto cultura e dovrebbe essere il must per chi fa questo mestiere. Siamo operatori culturali, prima che attori”. Il titolo del suo ultimo spettacolo è Condannato a morte, monologo tratto da un romanzo di Victor Hugo. Il paragone teatro-tv convince poco, in questo caso: “Ci sono dinamiche sicuramente diverse. Condannato a morte è uno spettacolo di 55 minuti, con personaggi diversi che si alternano, con dialetti diversi. Ovvio che rispetto a storie di vita di tutti i giorni, come quelle che si vedono nella fiction, suona più complesso, ma anche le serie tv hanno aspetti difficili”.



Gianmarco Saurino: il segreto del successo di Che Dio ci aiuti

Gianmarco Saurino ama entrambi i mondi. Sulla fiction dice che “mantenere lo stesso livello di tensione per sette mesi è complicato. E’ tutto molto veloce, non c’è possibilità di fermarsi e devi essere performante sempre perché quella cosa la vedranno 6 milioni di persone. Molti a volte si perdono perché è pesante, anche dal punto di vista fisico. Sono due mezzi molto diversi che io cerco di fare con lo stesso grande impegno“. Che Dio ci aiuti “è una serie che parla a tutti e non ha paura di affrontare tematiche anche un po’ pesanti, a volte. Le nostre vite si alternano tra commedia e dramma, una serie deve anche far riflettere e parlare di temi che riguardano la vita di tutti i giorni. Le storie non sono troppo filmiche e la gente ci si ritrova. Credo sia questo il vero segreto di tanto successo”.