Della vicenda di George Floyd ormai si è detto tanto, ma tanto ancora si dirà e giustamente, aggiungiamo noi. La morte – uccisione – da parte di un poliziotto che lo aveva fermato per una banconota falsa (da 20 dollari); le sue ultime parole, quel “non riesco a respirare” tremendamente e forse sinistramente identico a quello di un caso risalente al 2014. Poi le nuove proteste, l’indignazione via social, Black lives matter che è il coro che aveva scandito le manifestazioni del 2016 e che prepotentemente ritorna, il Blackout Tuesday sui social, i saccheggi nei negozi che hanno spostato l’indice del problema, tanto che anche chi condannava e condanna con forza il caso Floyd fatica a spiegare perché si arrivi a reazioni simili. Di George Floyd si può dire tanto, che sia un’opinione o l’altra; si può condannare e fare altro ancora, ma poi c’è una voce davanti alla quale forse tutti noi dovremmo solo restare in silenzio, e accompagnare idealmente.
GIANNA FLOYD: “PAPA’ HA CAMBIATO IL MONDO”
E’ quella di Gianna: curiosamente, ed emozionalmente, lo stesso nome della tredicenne figlia di Kobe Bryant, strappata alla vita insieme al papà e altre sette persone su quel maledetto elicottero. Gianna è la figlia di George Floyd: la Abc l’ha intervistata insieme a mamma Roxie Washington, e ha detto semplicemente “voglio che si sappia che mi manca tanto il mio papà”. La madre ha poi confessato di non averle spiegato nulla, solo di averle detto che George è morto perché non poteva respirare. Poi altre parole di condanna, ma la protagonista di questa storia è Gianna: la si vede, in un video diventato virale sui social, sorridente sulle spalle di Stephen Jackson. E quella frase: “Mio papà ha cambiato il mondo”. Stephen Jackson, protagonista delle manifestazioni dei giorni scorsi, era un amico fraterno di George Floyd: ha giocato a lungo nella NBA, ha vinto il titolo con San Antonio risultando anche parecchio decisivo nelle finali, la sua presenza e le sue parole ci hanno ricordato l’ampio e diffuso attivismo tra le star dello sport Usa.
Gianna Floyd, per usare le parole di mamma, non potrà più chiedere consigli al padre; quando crescerà George non ci sarà, nel giorno della laurea il padre non sarà al suo fianco, non sarà lui ad accompagnarla all’altare. Ecco: forse nella vicenda di George Floyd, per quanto giusto sia condannare e ricordare quanto accaduto, parlare di politica e di neri, di bianchi e poliziotti, non bisognerebbe mai dimenticarsi di Gianna. Sarà retorico e magari anche inutile oggi, ma il suo sorriso ci ricorda che la morte non è l’ultima parola, che la violenza e l’omicidio possono essere insiti nell’uomo ma c’è qualcosa d’altro. Che George Floyd abbia cambiato il mondo, ne siamo convinti anche noi: la storia ci dirà se in maniera netta e globalmente visibile, senza dubbio lo ha fatto nel crescere una figlia che oggi può dire questo del suo papà, che può ancora sorridere a fianco della mamma, che davanti ha una vita. E che un giorno, sicuramente, conoscerà la verità in tutti i suoi aspetti: forse quando avrà bisogno di aiuto nella vita sarà Stephen Jackson a rispondere, di certo non sarà il ginocchio di un poliziotto a definire l’intera faccenda e il resto del viaggio.