Il processo a carico di Gianni Melluso, l’accusatore di Enzo Tortora e noto alle cronache con l’appellativo di “Gianni il bello” sarà al centro del nuovo appuntamento in compagnia di Un Giorno in Pretura, in onda stasera 12 maggio su Raitre. Tutto ha inizio il 16 aprile 2007 con il ritrovamento in un pozzo artesiano a Mazara del Vallo, in provincia di Trapani, di un corpo in avanzato stato di decomposizione appartenente alla donna. La vittima è la 39enne svizzera Sabine Maccarrone e per quell’omicidio fu accusato proprio Gianni Melluso. Il suo nome era già finito in precedenza (ed in numerose occasioni) sulle prime pagine di cronaca nazionale per traffico di stupefacenti e, negli Anni Ottanta, per le false soffiate su Enzo Tortora. Nel corso della trasmissione condotta da Roberta Petrelluzzi saranno ripercorse tutte le fasi della vicenda, dall’accusa di essere il mandante dell’omicidio di Sabine – con la quale aveva intrapreso una relazione amorosa – ai numerosi colpi di scena che intervennero nell’ambito del processo. Condannato il 29 maggio 2015 dalla Corte di Assise di Trapani. Gianni il bello commentò: “Sono stato un rapinatore di banche perché mi piace la bella vita, ma non ho mai ucciso nessuno”. Quasi quattro anni più tardi, nel marzo scorso, ecco l’ennesima svolta con l’annullamento della condanna da parte della Corte d’Assise d’Appello di Palermo inflitta in primo grado. In quest’ultima occasione la Corte ha anche disposto la scarcerazione di Melluso.



GIANNI IL BELLO: PROCESSO PER L’OMICIDIO DI SABINE MACCARRONE

Per il delitto di Sabine Maccarrone resta in carcere Giuseppe D’Assaro, indicato da Gianni Melluso come il possibile autore sin dal giorno successivo al ritrovamento del cadavere della donna in un pozzo artesiano in contrada San Nicola. Gianni il bello ammise di aver avuto con la vittima una relazione ed al tempo stesso giurò di non aver avuto alcun motivo per ucciderla. Quando però D’Assaro fu arrestato, quest’ultimo decise di vendicarsi di Melluso e, pur ammettendo l’omicidio di Sabine accusò Gianni il bello di esserne stato il mandante. Da qui prese il via il processo di primo grado con una sentenza all’ergastolo poi ribaltata dalla corte d’Appello per un delitto che ad oggi resta con un solo colpevole. D’Assaro fu condannato a 30 anni di reclusione. In riferimento a Melluso, invece, ancor prima di essere coinvolto nel caso di omicidio il suo nome rimase (e continua ad esserlo) connesso alle accuse su Enzo Tortora, il conduttore protagonista di una gogna mediatica e che portò al suo arresto il 17 gennaio 1983. Ciò fu possibile dopo una presunta “soffiata” di Melluso che, dopo essere partito dalla Sicilia già all’età di 15 anni compiva i suoi primi passi a Milano, ai confini della mala lombarda. Una volta maggiorenne fu coinvolto in una serie di episodi criminali, tra rapine e traffici di droga. Ma per il delitto di Sabine, hanno stabilito i giudici Palermitani, “il fatto non sussiste”.

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