Gianni Vattimo parla dell’emergenza Coronavirus e del lockdown senza fare sconti a nessuno: l’84enne filosofo e accademico torinese, noto per essere uno dei principali teorizzatori del cosiddetto “Pensiero debole”, ha concesso un’intervista a Il Riformista proprio nel giorno in cui in Italia si riaprono i confini tra le regioni e si dà ufficialmente avvio alla Fase 3. Secondo Vattimo il lungo lockdown, per quanto necessario per fronteggiare la pandemia nel nostro Paese, ha avuto tra gli effetti collaterali quello di aumentare le diseguaglianze già forti all’interno della nostra società e, come successo pure all’estero, ha finito per pesare soprattutto sui ceti meno abbienti dal momento che la convivenza forzata è più facile se si dispone di una casa grande. Prendendo le distanze sia da chi sostiene il Governo, sia dalle forze sovraniste d’opposizione (oltre che dal movimento “no vax”) l’ex politico piemontese sostiene che lo stato di eccezione vissuto per due mesi non va contestato all’esecutivo, dal momento che il pericolo effettivamente sussisteva, ma si è detto altresì in disaccordo su alcune esagerazioni “come la questione dei congiunti”. Sicuramente “hanno sofferto del Coronavirus soprattutto i poveri” continua Vattimo secondo cui si è fatto poco per venire incontro alle loro esigenze.
GIANNI VATTIMO, “LOCKDOWN UTILE MA AUMENTA LE DISUGUAGLIANZE E…”
E il lavoro a distanza o smart working? Per Sergio Vattimo è un no: “Se tutti lavorano al computer da casa è difficile costruire una coscienza di classe o dare vita a un sindacato” spiega il filosofo che a tal proposito si collega al collega sloveno Slavoj Zizek parlando della genesi di un padrone invisibile e che sarebbe lontana dalla concezione di comunismo ideale che condivide con lui. “Anche l’idea di una scuola che funzioni solo attraverso il pc mi scandalizza molto, io preferirei tentate delle soluzioni ragionevolmente controllate ma che prevedano il rapporto diretto tra maestro e allievo” ha precisato Vattimo sulla didattica a distanza e mostrandosi ugualmente scettico sull’efficacia di queste forme di contatti da remoto. E poi torna sulla queste delle diseguaglianze: “In Brasile si lasciano morire troppe persone, non si fanno tamponi, non ci sono protezioni: noi non siamo in quella situazione ma sono comunque questioni fisiologicamente legate a una società costruita in un certo modo” continua riprendendo alcune altre idee di Zizek, secondo cui il Covid-19 ha semplicemente messo in maggiore risalto dei problemi esistenti. Infine sulla pervasività dei media e del controllo dall’alto che molti temono, Vattimo parla di un “arruolamento” continuo dei cittadini e ammette di temere una società “totalmente amministrata” e in cui il confine tra pubblico e privato si assottiglia. “E come diventerà il tempo libero quando tutto è virtuale?” conclude.