Fabiola Gianotti, direttore generale del Centro Europeo di Ricerca Nucleare dal gennaio 2016, è stata confermata, pochi giorni fa, in questo incarico per un secondo mandato. La conferma della carica di Dg per un secondo mandato non è prevista dallo statuto del Cern, anche se non è la prima volta che questo avviene. La Gianotti invece è la prima donna che ha ricoperto questa carica e il terzo Dg italiano dopo Carlo Rubbia e Luciano Maiani, anche se non si deve dimenticare Edoardo Amaldi, uno dei promotori del progetto per la costituzione del Cern: nel 1954 ad Amaldi fu offerta la prima direzione generale, che però rifiutò a favore di Felix Bloch, del quale comunque funse da supporto.
Fabiola Gianotti si è laureata all’Università degli Studi di Milano, dove ha conseguito anche il dottorato di ricerca con una tesi sull’esperimento UA2, lo stesso per il quale a Carlo Rubbia fu assegnato il premio Nobel. Dopo aver lavorato ad altri esperimenti, nel 1992 partecipa all’esperimento ATLAS a LHC (Large Hadron Collider), del quale diventa spokesperson fra il 1999 e il 2003 e di nuovo nel periodo 2009-2013: durante questo secondo mandato l’esperimento ATLAS otterrà l’evidenza della particella di Higgs, un tassello molto importante fra quelli, pochi, ancora mancanti nella comprensione della costituzione elementare della materia.
Destinataria di svariati premi e onorificenze, la Gianotti viene nominata direttore generale del Cern nel 2016, carica che, dopo la riconferma, ricoprirà fino al 2024.
Va ricordato che il Centro Europeo di Ricerche Nucleari ha visto l’Italia fra i membri fondatori; il nostro paese contribuisce al suo bilancio per l’11,5%, ma il contributo dei fisici italiani all’attività del Cern, attualmente il più importante Centro di ricerca esistente nella fisica subnucleare, è stato ed è tuttora decisamente superiore alla percentuale di bilancio sostenuto dall’Italia. Basterà ricordare che qualche anno fa i quattro più importanti esperimenti installati a LHC avevano come spokesperson un italiano.
Vorrei qui cogliere l’occasione per ricordare che la fisica italiana, e in particolare nucleare, subnucleare (le cosiddette particelle elementari) e astroparticellare, ma non solo, è stata sempre di altissimo livello e non ha mai avuto niente da invidiare in questo campo agli altri paesi. Fisici italiani sono sempre stati personaggi di spicco in tutti i maggiori centri di ricerca mondiali, dove hanno ricoperto anche ruoli di responsabilità. L’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare-INFN è stato, fin dalla sua fondazione, nel 1951, un eccellente riferimento organizzativo ed elemento propulsivo per questo tipo di fisica, sostenendo l’attività dei gruppi italiani non solo al CERN, ma anche in altri grandi laboratori statunitensi e tedeschi, organizzando inoltre laboratori in Italia.
Uno di questi, il laboratorio sotterraneo del Gran Sasso, è una eccellenza nel campo della fisica astroparticellare, essendo non solo il più grande laboratorio mondiale di questo tipo, ma avendo dato contributi fondamentali. Basterà ricordare che due esperimenti sui neutrini solari, installati al Gran Sasso, hanno prodotto risultati citati in tutti i congressi internazionali di fisica astroparticellare e delle particelle elementari, con scoperte e anche sviluppi tecnologici non ancora eguagliati da nessun altro esperimento.
Purtroppo da un po’ di anni la fisica italiana, come d’altronde anche gli altri tipi di ricerca, è mortificata in quanto non sostenuta e pochissimo considerata dalla politica. I finanziamenti sono scarsi e soprattutto le posizioni di ricercatori sia nei centri di ricerca sia nelle Università sono rarissime, con la conseguenza che i migliori dei nostri laureati vincono facilmente concorsi all’estero, in Francia, in Germania, in Gran Bretagna, negli Stati Uniti, e perfino in Russia e in Cina, privando il nostro paese dei migliori cervelli. Questa fuga non è dovuta al livello della ricerca italiana, ma alla mancanza di posti di lavoro nella ricerca. Infatti molti di essi, una volta recatisi all’estero, cercano di continuare la collaborazione con i gruppi italiani con i quali hanno iniziato la loro attività di ricerca: ci sono molti esempi di questo tipo nelle collaborazioni di esperimenti installati al laboratorio del Gran Sasso.
Questa fuga dei giovani cervelli all’estero è tanto più frustrante in quanto le nostre Università nel campo scientifico sono tuttora di ottimo livello, sfornano dei ricercatori capaci, pieni di iniziativa e di creatività, grazie allo sforzo sia dei docenti sia dei ricercatori più anziani per poi regalarli agli altri paesi. Forme di ostilità, di totale ignoranza e incomprensione di cosa sia e cosa faccia la scienza, presenti purtroppo nel nostro paese, rendono la vita difficile ai gruppi di ricerca e ai laboratori, decretandone il declino, come purtroppo sta avvenendo, ad esempio, al Laboratorio del Gran Sasso.
Non ci si rende conto che per formare una scuola di alto livello occorrono decenni; quindi se non ci sarà ricambio generazionale a causa della fuga dei giovani, la fisica italiana sarà destinata anch’essa a un generale declino, e, ancora più deprimente, nella generale indifferenza.