Secondo la classifica stilata dal World Economic Forum (Wef) sul gender gap del 2023 il Giappone tratterebbe le donne peggio dell’Arabia Saudita, piazzandosi al 125° posto su 146, scivolando quindi precipitosamente rispetto alla precedente posizione dell’anno scorso (la 116esima). Si tratterebbe del peggior risultato registrato dal Paese. ll Giappone tra l’altro è rimasto indietro anche rispetto ai suoi principali vicini, Corea del Sud e Cina, che si sono classificati rispettivamente al 105esimo e al 107esimo posto.



Questa postazione gli sarebbe valsa a seguito della scarsa partecipazione delle donne nel campo politico (se pensiamo che solo due ministri del gabinetto e circa il 10 per cento dei membri della Camera bassa sono donne) ed economico rispetto agli uomini. Il Giappone si sarebbe inoltre posizionato all’ultimo posto tra i paesi del Gruppo del G7, dietro all’Italia. Qualcosa evidentemente quindi non va, tant’è che la notizia ha subito fatto mobilitare gli attivisti che si battono per l’uguaglianza di genere, i quali hanno definito l’esito come la conseguenza dell’inazione del governo di Tokyo .



Giappone pronto ad intervenire per ridare valore alle donne

L’esecutivo di Tokio ha preso seriamente la classifica e ha fatto sapere che saranno adottati interventi per sanare questo divario di genere. Come apprendiamo dal Times infatti Fumio Kishida, il primo ministro, ha fissato un obiettivo entro la fine del decennio, che consisterebbe nell’andare ad assumere donne fino al 30% dei posti dirigenziali nelle aziende di alto livello e fino al 30% dei parlamentari nel Partito liberaldemocratico al governo.

Ma se da un lato il governo giapponese si è preso questo importante impegno, sull’altro fronte non mancano critiche e scetticismo. Mari Hamada ad esempio, leader di Stand by Women, un’organizzazione politica femminista, ha affermato che il Giappone sta pagando per la sua incapacità di incoraggiare le donne in politica: “In un parlamento omogeneo e a prevalenza maschile, è difficile sollevare questioni sociali riguardanti le donne, come la violenza sessuale e la contraccezione d’emergenza, come anche le voci delle minoranze“, ha detto. “I partiti politici devono stabilire un obiettivo per le candidature femminili e seguirlo“.