Prosegue il giallo di Gilda Ammendola, 32enne napoletana trovata impiccata il 22 gennaio 2023 in carcere a Parigi, più precisamente nel penitenziario di Fleury-Mérogis. La donna, madre di una bambina di sette anni e appartenente a una famiglia di imprenditori di Portici, si trovava in cella soltanto da un giorno, per ragioni peraltro che non sono ancora state chiarite dall’avvocato Domenico Scarpone e dai suoi parenti. Dalla capitale transalpina sono giunte informazioni in base alle quali Gilda Ammendola sarebbe stata arrestata a luglio in aeroporto perché in possesso di sostanze stupefacenti.



Stando alla ricostruzione che campeggia sulle colonne del “Corriere della Sera”, la donna “aveva ottenuto rapidamente la scarcerazione, restando però in libertà vigilata a disposizione delle autorità transalpine. Nei mesi successivi non ha quindi mai potuto lasciare Parigi, e quando il processo nei suoi confronti è arrivato a conclusione – evidentemente con una condanna – è stata nuovamente arrestata e trasferita a Fleury-Mérogis per scontare la pena”.



GILDA AMMENDOLA IMPICCATA IN CARCERE IN FRANCIA: PM DISPONE NUOVA AUTOPSIA

Gli inquirenti francesi considerano unicamente la pista del suicidio, mentre differente è l’opinione della famiglia di Gilda Ammendola e del legale a cui essa si è indirizzata. Infatti, viene del tutto scartata l’ipotesi del gesto anticonservativo e, se dalla Procura di Roma si arrivi alle conclusioni dell’inchiesta avviata sul caso per presunti reati commessi nei confronti di italiani all’estero, il pm a cui è stata affidata, Eugenio Albamonte, ha aperto un fascicolo contro ignoti per induzione al suicidio, disponendo una nuova autopsia.



Al “Corriere della Sera”, l’avvocato Scarpone ha asserito: “Questa volta parteciperà anche un nostro perito, cosa che invece è stata assolutamente impossibile quando l’esame medico-legale è stato eseguito in Francia”. La famiglia non crede alla tesi del suicidio in quanto proprio il 22 gennaio scorso, poco prima che il corpo di Gilda Ammendola venisse ritrovato esanime nella sua cella, aveva ricevuto una chiamata da parte di un funzionario della struttura penitenziaria, che richiedeva l’invio di vestiario, biancheria ed effetti personali richiesti esplicitamente dalla detenuta.