La Francia è il laboratorio del nichilismo politico. Il test storico è il declino politico di Macron, che vuole ingoiare bulimicamente l’Europa con un consenso interno da minus habens. Che ciò sia possibile è tutto da vedere, ma il nodo è corposo: sta nascendo un Grande Centro Tecnocratico (Gct). In passato, soprattutto in Italia, ma anche in certa parte della politica francese, avevamo un Grande Centro Popolare (Gcp): il popolo era un soggetto politico. Mai interamente rappresentato, perché la rappresentanza assoluta è un’utopia democraticista che partorisce mostri totalitari, ma le cose funzionavano. Il nesso popolo-società-istituzioni strutturava estensivamente ed intensivamente – ossia, in lungo e in largo – la comunità che viveva e produceva su un territorio. La classe media era un soggetto politico.



Seconda fase: il globalismo postmoderno disgrega le strutture comunitarie, le banche diventano catalizzatori di consenso politico attraverso funzionari, di fatto camerieri in livrea e disposti a tutto, e il quadro popolare della politica si rovescia di netto.

In questo nuovo orizzonte personaggi come Macron e, in Italia, Renzi diventano alfieri di questo Gct, la fase del nichilismo politico, che si accompagna al nichilismo finanziario.



Ecco allora che il popolo insorge, in Francia, e i gilet gialli reinventano la lotta di classe senza più le classi novecentesche, oggi soprattutto immaginate come moltitudini. Toni Negri si pronuncia su questo fenomeno e sentenzia: le moltitudini oltre la lotta di classe. Le lotte molecolari, ossia: addio vecchio operaismo, ma intanto Macron fa cassa sulle rovine di Parigi.

Oggi i gilet gialli hanno un anno di vita (17 novembre 2018) e, da tempo, hanno iniziato a parlare, l’infanzia è diventata storia. Macron perde consensi, spappola la politica, diventa il modello del nichilismo politico italico (parlo di Renzi) ma i gilet gialli sono un ricordo sbiadito. La stampa europea, serva per definizione in quanto sempre in attesa di aiuti dalle banche e dai nuovi padroni, se ne infischia. Cosa sta accadendo?



Semplice, anche se non facile da digerire: hanno vinto i signori del “dispotismo legale”, nato proprio in terra di Francia, con la fisiocrazia pre-rivoluzionaria del tardo XVII secolo. I marescialli al comando, con molta calma, stanno raccontando che la politica non serve più, il conflitto è il male, il diavolo è il popolo. Il “sovranismo” è nato morto, da questo punto di vista, perché ha colto il male, ma il cancro era già diffuso, metastasi allo stadio avanzato. Correva l’anno 1989, crollava il Muro di Berlino, con tanto di preavviso da parte dei notabili della finanza e della politica, Gorbaciov in testa, e Bobbio celebrava il democraticismo procedurale, ossia il dominio assoluto delle “regole”. Il primo tempo della disfatta dell’azione democratica, della lotta di classe, delle libertà guadagnate sul campo, della mobilità sociale. Il “sovranismo” dovrebbe ripartire da questo punto: mancando il passaggio, sbaglia anche politica. La globalizzazione viene da lontano.

Oggi c’è chi parla di un nuovo “patriziato” mondiale che sta comandando incontrastato, senza opposizione, in grado di cavalcare sia Greta che Macron, tutto e il suo contrario. Hegel e Marx sono cani morti, ma anche il vecchio Weber è saltato. Questo è il deserto della nostra civiltà democratico-popolare, il Gct ha decretato che i gilet gialli non servono più, hanno puntellato abbastanza il nuovo corso macroniano; basta, grazie, ragazzi, avete fatto un buon lavoro.

Quindi, basta con i gilet di un improbabile giallo, per giunta, meglio indossare le livree blu notte dei maggiordomi e servire l’ultimo pasto caldo alla democrazia. Dopo trent’anni – 1989-2019 – il progetto di spoliticizzazione integrale della società ha vinto su tutto il campo.