GILLES VILLENEUVE, LA MORTE A CAUSA DELL’INCIDENTE CON LA FERRARI

Il tempo vola, come faceva anche lui in pista: è un attimo e ti accorgi che sono passati già 40 anni da quando Gilles Villeneuve ci lasciava, morendo a soli 32 anni in quel di Lovanio a seguito di un incidente avvenuto a bordo della sua Ferrari durante le qualifiche del Gran Premio del Belgio. E questa sera, in prima tv, per ricordare uno dei miti della Formula Uno, nonché padre del pilota campione del mondo Jacques Villeneuve, su Rai 2 va in onda “Gilles Villeneuve – L’Aviatore”, un documentario che racconta la vita di uno dei personaggi più amati e allo stesso tempo coraggiosi del mondo dei motori tanto da diventare uno dei piloti preferiti, assieme a Tazio Nuvolari, di Enzo Ferrari. Ma chi è stato Gilles e come mai oggi, a distanza di anni, è ancora un mito tanto da indurre Rai Documentari a realizzare questa dedica con la voce narrante di Ivano Marescotti?



Difficile riassumere in poche righe i motivi per cui un pilota che è riuscito ad arrivare al massimo al secondo posto nelle classifiche mondiali senza mai essere iridato ancora oggi sia più amato di tanti suoi colleghi dal palmarès considerevole. Nato nel gennaio 1950 a Saint-Jeans-sur-Richelieu, nella provincia canadese del Québec, di Gilles Joseph Henri Villeneuve basta ricordare che il soprannome era “l’aviatore” (da qui il titolo del documentario per la regia di Giangiacomo De Stefano) per capire molto della sua carriera: il nomignolo non solo si riferiva al suo stile di guida molto spregiudicato e aggressivo, senza però mai sfociare nell’irregolarità, ma anche ai… ‘voli’ fuori pista di cui era sovente protagonista. E pensare che gli inizi della sua carriera erano stati in motoslitta, dove si era segnalato come uno dei migliori talenti in Canada: l’approdo in una monoposto su quattro ruote avvenne nel 1976, a 26 anni, vincendo poi il campionato di Formula Atlantic canadese e poi americano.



GILLES VILLENEUVE, ECCO CHI ERA IL MITO DELLA FORMULA 1 RACCONTATO NE “L’AVIATORE”

Un talento, quello di Gilles Villeneuve, che ben presto fu notato da alcune scuderie di Formula Uno: la più veloce ad accaparrarsi le sue prestazioni fu la McLaren, con cui esordì nel mondiale iridato nel GP di Gran Bretagna del 1977. L’esperienza con la scuderia inglese durò poco perché intanto la Ferrari cercava un sostituto a un mostro sacro del calibro di Niki Lauda: è l’inizio della sua storia d’amore con la rossa che durerà cinque anni, fino a quel drammatico giorno di maggio del 1982. Pur vincendo solamente sei Gran Premi alla guida dalla monoposto del Cavallino Rampante, il piccolo (di statura) Villeneuve entusiasmò gli aficionados italiani e non solo, ottenendo comunque alla fine della stagione 1979 un secondo posto alle spalle del compagno di squadra Jody Scheckter. Poi, il drammatico incidente sul circuito di Zolder, in Belgio. Si stanno disputando le sessioni di qualificazione al GP quando, a pochi minuti dalla fine e prima di rientrare ai box, Gilles entra in rotta di collisione con la March guidata da Jochen Mass.



Convinto di essere sorpassato a sinistra dalla Ferrari, il pilota si sposta a destra ma è proprio da quella parte che Villeneuve compie la manovra: l’urto è spaventoso e il canadese viene sbalzato fuori dalla sua monoposto, andando pure a impattare uno dei vicini paletti di sostegno di una rete. Il pilota tedesco non riporterà gravi conseguenze mentre per Gilles le condizioni appaiono disperate: trasportato in ospedale, gli fu riscontrata una lesione del tronco encefalico e la rottura delle vertebre cerebrali. In serata fu la moglie Joann a dare l’autorizzazione per staccare la macchina cuore-polmone che lo teneva in vita e porre fine alla sua sofferenza perché, secondo i medici, se fosse sopravvissuto sarebbe stato solo in uno stato vegetativi. Alle ore 21 si spegneva Gilles che lasciava così anche due figli, Melanie e Jacques (1971), con quest’ultimo che avrebbe proseguito sulle orme del padre e diventando campione nel 1997.