Come ogni venerdì è tempo di andare ad analizzare il monitoraggio della Fondazione Gimbe sull’emergenza coronavirus. Nel corso della settimana che va dal 2 all’8 dicembre è stato registrato un lieve rallentamento nella crescita dei nuovi casi, anche se bisogna mettere in risalto «una netta e ingiustificata» riduzione di tamponi e casi testati. Fortunatamente è in calo la pressione sugli ospedali, ma attenzione a cantare vittoria: la soglia di occupazione per pazienti COVID continua a rimanere oltre il 40% nei reparti di area medica e del 30% nelle terapie intensive in 15 Regioni.
Il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, ha spiegato che l’Italia si presenta ancora come un paziente con un quadro clinico molto grave e instabile. C’è un lato positivo: grazie alle terapie somministrate si inizia a registrare un primo segnale di miglioramento. Guai ad abbassare la guardia: «La prognosi rimane riservata e, per essere sciolta, richiede una rigorosa e prolungata “compliance” a tutte le misure individuali, al distanziamento sociale e alle restrizioni imposte da Governo e Regioni». Senza dimenticare il rischio di una terza ondata all’inizio del 2020…
La Fondazione Gimbe cita diversi elementi della “tempesta perfetta” che può innescare la terza ondata di coronavirus: l’impossibilità di riprendere il tracciamento, i lunghi mesi invernali, l’imprevedibile impatto dell’influenza stagionale, l’imminente passaggio in zona gialla dell’intero Paese e il legittimo entusiasmo per il vaccino Covid in arrivo. Cartabellotta ha sottolineato: «L’auspicato e (speriamo) imminente arrivo del vaccino non deve costituire un alibi per abbassare la guardia: nella più ottimistica delle previsioni, infatti, un’adeguata protezione a livello di popolazione potrà essere raggiunta solo nell’autunno 2021 con una massiccia adesione delle persone alla campagna di vaccinazione».