I “tesori” di Gina Lollobrigida messi all’asta a sua insaputa, con la Bersagliera vittima di quella che i magistrati della Procura romana definiscono “azione predatoria” da parte del suo assistente Andrea Piazzolla, già a processo per circonvenzione di incapace e adesso indagato per averla convinta a firmare tre mandati a vendere “cimeli, oggetti d’arte, antichità, preziosi, mobili d’arredo, opere d’arte del valore minimo stimato 300 mila euro“.
Tutto ha avuto inizio con la denuncia dell’amministratore di sostegno della Lollo nominato dal Tribunale, Stefano Agamennone. Questi, imbattutosi in un sito che annuncia la vendita all’asta di proprietà dell’attrice, ha subito informato l’autorità giudiziaria sottolineando come molte delle opere in via di cessione fossero state riconosciute dal figlio della Lollobrigida, Andrea Milko Skofic. La casa d’aste Colasanti, dove i “tesori” dell’interprete sono stati messi in vendita, ha esibito però un mandato a vendere per conto della donna apparentemente regolare a nome di Rita Lizzi. Si tratta di un’ex cameriera del ristorante di Salvi, oggi residente negli Usa, che ha effettivamente conosciuto l’attrice nel locale di Salvi, ma interpellata ha immediatamente preso le distanze da quella iniziativa…
GINA LOLLOBRIGIDA, I SUOI TESORI ALL’ASTA A SUA INSAPUTA
La stessa Gina Lollobrigida, messa a conoscenza del fatto che molti suoi oggetti fossero finiti all’asta, ha negato di aver mai avuto l’intenzione di sbarazzarsene, segnalando inoltre come tra questi fossero presenti anche “molte icone sacre… mai me ne sarei disfatta perché ritengo mi proteggano“. Il magistrato si convince dunque della necessità di chiedere gli arresti domiciliari per Andrea Piazzolla e l’obbligo di firma per la titolare della galleria in questione, Raffaella Colasanti (archiviata), e per il ristoratore Antonio Salvi. I tre, secondo gli esperti del Nucleo di Polizia economico finanziaria, coordinati dalla pm Laura Condemi, avrebbero messo in atto una spoliazione orchestrata, abusando delle “condizioni di vulnerabilità” della diva per appropriarsi dei suoi beni in concomitanza con i lavori di ristrutturazione della sua residenza sull’Appia antica. Indirettamente è la stessa Lollo a confermarlo: “Era mia intenzione rientrare in possesso dei beni dopo l’esecuzione dei lavori“. Il gip, in ogni caso, respingerà la richiesta del magistrato motivando che, fra le altre cose, Piazzolla è già a giudizio per circonvenzione d’incapace. Le accuse però restano e al riguardo il pm scrive: “Da ultimo si rappresenta la particolare abilità del Piazzolla non solo nel carpire l’assoluta fiducia della vittima ma anche nel coordinare la trama illecita trasformando sé stesso nell’unico punto di riferimento della Lollobrigida con il mondo esterno; trama che continua a tessere nonostante sia pendente nei suoi confronti un giudizio per le medesime fattispecie e nei confronti della stessa vittima“.