Ginevra Bompiani, figlia dello storico editore Valentino, ha rilasciato una bella intervista ai microfoni del quotidiano La Stampa in occasione della sua autobiografia uscita di recente, “La penultima illusione”. Nella sua opera, Ginevra Bompiani racconta la vita vissuta a fianco del “conte editore”, così come veniva chiamato Valentino per via del titolo nobiliare, a cominciare dagli autori che il papà non ha mai pubblicato: «Con Pier Paolo Pasolini, che era ospite a casa nostra al mare per lunghi periodi, aveva una grande intimità e consuetudine. Sicuramente avrebbe pubblicato volentieri le opere ma editò solo un paio di numeri della rivista Officina. Erano così amici che quando io avevo 15 anni Pier Paolo gli chiese farmi recitare in Mamma Roma. “Avrei per Ginevra una parte da put*anina simpaticissima”. Mio padre inorridì e rifiutò. Elsa Morante una sera gli portò il dattiloscritto di Menzogna e sortilegio e gli intimò: “Mi dia una risposta domani mattina”. Erano circa seicento pagine e papà fu costretto a rimandare l’offerta al mittente. Quando Elsa prendeva le anfetamine, che secondo lei l’aiutavano a scrivere, era animata da una forza interiore che la rendeva intrattabile».
Ginevra Bompiani ricorda anche la pubblicazione del Mein Kampf, la battaglia che scrisse Adolf Hitler in carcere, e la cui traduzione in italiano venne sovvenzionata da Mussolini. Fu una ‘mossa’ che provocò non poche critiche: «Papà alle accuse ribatteva: “Ma volevi che non si facesse conoscere agli italiani un’opera così? Anzi, la cosa che mi dispiace è che non l’abbiano letta tutti gli italiani”. Quando nel dopoguerra vennero in Italia Sartre e la de Beauvoir ci accusarono di essere di destra. Non era vero, ma si scandalizzarono perché vennero a cena da noi e si ritrovarono in una casa borghese in cui c’erano i camerieri a servirli. Valentino è stato un editore che si è spremuto come un limone nella sua faticosa avventura editoriale».
GINEVRA BOMPIANI, FIGLIA VALENTINO: “ECO SI RAMMARICO’ PER LA VENDITA DELLA CASA EDITRICE”
La Bompiani Editrice venne venduta nel 1972 al gruppo Rcs: «Per papà fu una grande sofferenza? – prosegue Ginevra – direi proprio di sì. Ma continuò ad andare in casa editrice con tutta la sua energia e la sua fierezza. Mantenne le sue abitudini. Non si sedeva mai nel suo ufficio, salvo quando doveva ricevere qualcuno. Si metteva nell’ampia stanza della segreteria e come aveva sempre fatto si dedicava a ritagliare e a disegnare le copertine per cui aveva una speciale passione».
«Mi ricordo che il giorno in cui l’editrice fu venduta io ero all’università per sostenere un esame di letteratura italiana contemporanea che doveva integrare il corso di laurea che avevo frequentato in Francia anni prima. Il professore mi chiedeva di Moravia, Brancati e Alvaro… A me a sentire quei nomi veniva da piangere per la commozione. Anche Eco, che nel 1980 pubblicò da Bompiani Il nome della rosa si rammaricò molto per l’uscita di papà dalla proprietà della casa editrice. Era cresciuto proprio lì e il successo planetario del suo libro aveva le sue radici nell’atmosfera creata da papà Valentino, l'”editore protagonista”, come lo chiamavano, una figura di professionista che oggi si è estinta per sempre».