Gino Paoli e Ornella Vanoni hanno intrattenuto per anni una relazione clandestina e controversa mentre il cantautore era sposato con Anna Fabbri. I due si conobbero nel 1960 a partire dalla loro frequentazione in comune della casa discografica Ricordi. Fu lui a incoraggiare gli affetti di Ornella, dedicandole addirittura la sua prima canzone d’amore, Me in tutto il mondo. In seguito, Paoli la omaggiò con un’altra canzone, il successo immortale Senza fine, e il loro sodalizio artistico continuò con lui che le fece cantare una serie di brani tutti usciti dalla sua penna: Anche se, Che cosa c’è e Gli innamorati sono sempre soli. Dopo qualche anno, la moglie Anna chiese a Ornella di farsi da parte, e così – nel 1960 – la cantante sposò l’impresario teatrale Lucio Ardenzi. “Volevo ancora bene a Gino”, si legge nella sua autobiografia, “lui mi ha sconsigliato sino all’ultimo, minacciando persino di venire alla cerimonia a cantare Senza fine”. Messo da parte l’egoismo, a un certo punto presero comunque strade diverse, e Ornella ebbe da Lucio il suo primo figlio. Anche Gino, all’epoca, divenne papà di Giovanni, nato precisamente nel 1964.



Gino Paoli e il suo sodalizio artistico con Ornella Vanoni

L’amicizia tra Ornella Vanoni e Gino Paoli è andata avanti anche dopo gli anni Sessanta. Nel 1985, per esempio, i due organizzarono una tournée di successo e l’evento diventò un doppio disco, Insieme. Ancora, nel 2004, incisero l’album di inediti Ti ricordi? No non mi ricordo con cui si aggiudicarono un disco di platino. L’anno successivo intrapresero un nuovo tour da cui è stato tratto un doppio cd e un dvd.



La vita sentimentale di Gino Paoli

Da giovane, Gino Paoli ha avuto storie con numerose donne (celebri e non) complice il suo modo di fare un po’ stravagante, ma certamente intrigante che si era accuratamente studiato. Suo ‘collega’ in questo senso era Luigi Tenco: “Che poi hanno scritto di tutto su Tenco, ma l’unica cosa che non hanno scritto è che era un ragazzo allegrissimo e pieno di vita”, precisa Paoli, in un’intervista dell’11 marzo a Rolling Stone. “Non era assolutamente né triste, né pensieroso”. E così neanche lui, stando a quanto testimonia: “Il fatto di fare il triste e il pensieroso lo abbiamo inventato noi, che non eravamo degli adoni, per interessare le ragazze. Se ti mettevi in un angolo e facevi il triste, venivano a vedere cosa c’avevi”. Un atteggiamento un po’ alla James Dean: “Eh beh, oh, per interessare le ragazze si faceva di tutto. Eccome se funzionava! Quando eravamo ragazzini volevamo che arrivassero, le donne. Avevamo proprio studiato il movimento alla James Dean. Lo sfruttavamo io, Luigi, Ruggero, tutta la compagnia”.

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