Ho conosciuto Gino Strada in un momento particolare della sua vita: non stava bene, i suoi problemi cardiologici si erano nuovamente ripresentati. Lo aveva accompagnato da me un collega ed amico comune, sperando di convincerlo a curarsi ed a prendere un momento di pausa dai numerosi impegni. Non era un uomo facile, e quindi nemmeno un paziente facile. Dopo aver visionato la sua storia clinica ed averlo visitato, gli consigliai un ricovero immediato; lui, dopo avermi detto tutto quello che pensava sull’ospedale, sulla Regione Lombardia, sull’allora presidente Formigoni, eccetera (come per mettere in chiaro che io e lui eravamo su sponde diverse), ascoltò con attenzione il programma che gli avevo prospettato e dopo essere andato a prendersi un tè, accettò il ricovero alla condizione di mantenere la massima riservatezza circa la sua presenza nel mio reparto.
Per diversi giorni ci si vedeva al mattino, durante il giro-visite, ed il tardo pomeriggio quando passavo a salutarlo prima di rientrare a casa. Seguirono altre visite ed un altro ricovero, e poi diversi incontri anche al di fuori dell’ambito professionale. Siamo diventati amici così. Poi per diverse ragioni, soprattutto logistiche, negli ultimi due anni è stato seguito da altri colleghi suoi amici, e ci siamo sentiti solo per saluti ed auguri.
La notizia della sua scomparsa mi ha raggiunto mentre sono in vacanza con la famiglia, suscitando in me un sincero dolore. Ho pregato per lui, per la sua famiglia e per i suoi amici. Vorrei offrire a tutti il racconto di due fatti che mi hanno molto colpito nel rapporto con Gino, e che ne rivelano un tratto saliente del temperamento umano. Il primo: una mattina squilla il mio telefono, mi dice che ha bisogno di vedermi e concordiamo un incontro vicino alla sede milanese di Emergency, andiamo in un bar a mangiare un panino e lui così, improvvisamente, mi chiede se fossi interessato a lavorare con lui, e se avessi la possibilità di aiutarlo ad incontrare Papa Francesco. Ho cercato di fare il possibile, non so come sia andata. Il secondo: lo avevo invitato a partecipare ad un incontro al Meeting di Rimini dal titolo “Carità e scienza” nel 2018 ma, dopo molti giorni di riflessione, preferì non accettare: mi disse “molti non capirebbero”.
Le due cose che mi colpiscono di lui: era un uomo sempre in movimento, e consapevole di rappresentare un popolo. Mi viene alla memoria una frase con cui don Giussani chiuse una edizione del Meeting: “Vi auguro di non essere mai tranquilli”.
Ciao Gino, arrivederci.
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