Non è un caso se il nuovo Patto di Stabilità chiede di ridurre dell’1% il rapporto tra debito e Pil dopo il 2027, quando l’Italia avrà smaltito gran parte dell’eredità del Superbonus. Non lo è neppure l’allungamento da 4 a 7 anni del periodo di aggiustamento in virtù degli impegni del Pnrr, proprio come chiedeva l’Italia. Lo fa notare il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti nell’intervista al Sole 24 Ore in cui traccia un bilancio dell’anno appena trascorso. «So perfettamente che non abbiamo soddisfatto tutte le richieste delle imprese, ma abbiamo fatto in modo che i lavori non finiti proseguano, e sono convinto che ora potranno arrivare fino al traguardo», dichiara in merito al Superbonus. Inoltre, assicura che non è escluso che si possa rimpinguare un po’ il fondo per i redditi più bassi, ma intanto è stata fatta chiarezza. «Lo Stato è disposto a fare qualche sacrificio ulteriore solo per le famiglie più in difficoltà, non è interesse di nessuno che i lavori si fermino e sono convinto che non si fermeranno. Ma quell’epoca è chiusa». Un’epoca che tra l’altro lascia una pesante eredità da smaltire. Restano altri sconti e agevolazioni importanti, ma va in archivio un fenomeno che per Giorgetti «ha certo dato un impulso all’economia ma ha scassato e sta scassando i conti pubblici. E che produce ancora delle code importanti a cui dobbiamo fare fronte».



Per quanto riguarda il Patto di Stabilità, il ministro assicura di aver spinto le richieste e posizioni italiane. «Noi abbiamo chiesto un trattamento diverso per le spese nella difesa e negli investimenti per le transizioni digitale e verde per ragioni che nascono dal senso della storia». Il problema è che l’Europa affronterà queste sfide «con le mani legate dietro la schiena mentre Stati Uniti e Cina ci arriveranno con ben altro slancio». Questo perché l’Europa, secondo Giorgetti, non è riuscita neanche stavolta a darsi una postura politica e a spiccare il volo. Per quanto riguarda le “vittorie” italiane, le spese per difesa sono considerate un fattore importante nella definizione dell’aggiustamento, criteri più morbidi per altre spese e che appunto il periodo di aggiustamento sia allungato in cambio degli impegni sul Pnrr. Giorgetti rivela di aver avuto incontri a Parigi e Berlino e parla di un negoziato non semplice, «perché per esempio mi sono dovuto confrontare anche con le ironie del ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner sul meraviglioso mondo italiano in cui uno Stato con il debito al 140% del Pil ti rifà la casa a sue spese, cosa che in Germania è ovviamente impossibile».



IL NO AL MES E LA POSIZIONE DELLA LEGA

«Il Patto non è certamente il meglio possibile. Ma è un compromesso che tutti abbiamo accettato», ribadisce Giancarlo Giorgetti, spiegando al Sole 24 Ore che le nuove regole sono meno pesanti di quelle che ci sarebbero state ponendo il veto. Inoltre, è stata bocciata l’ipotesi di accettare il Mes per mettere il veto sul Patto di Stabilità, perché avrebbe dato l’idea ai mercati che l’Italia non voleva rispettare i limiti fiscali, e questo non sarebbe stato un bel messaggio. Più che correttivi, il ministro dell’Economia auspica saggezza nell’applicazione da parte della Commissione europea, altrimenti tra qualche anno si comincerà a dire che il nuovo Patto non funziona e a invocare le “clausole di fuga”. Riguardo il Mes, Giorgetti ribadisce che il “no” alla ratifica è dovuto a ragioni politiche, non finanziarie.



Di sicuro non ci sono “rigurgiti antieuropei” secondo il ministro, anche se «il fatto di essere l’unico Paese ad aver respinto una riforma che tutti gli altri hanno ratificato non ci mette in una posizione di vantaggio, e temo che ci saranno dei contraccolpi per esempio nel confronto sulla candidatura di Roma a ospitare la sede dell’Autorità antiriciclaggio». Giorgetti respinge polemiche sulla bocciatura della Lega e conferma il suo legame col Carroccio: «Io sono nato nella Lega, la mia casa». Riguardo il Mes, conferma che la Lega ha mantenuto la sua posizione. «Certo non sarebbe stato corretto un altro rinvio, perché in Europa non ho mai detto che avremmo ratificato il Mes ma ho assicurato per quattro volte che il voto in Parlamento ci sarebbe stato. E anche nel consiglio dei governatori del Meccanismo, di cui faccio parte in quanto ministro dell’Economia, avevo spiegato che visti i numeri in Parlamento l’esito sarebbe stato quasi sicuramente negativo».

DAL DEBITO A ITA-LUFTHANSA, ILVA E MPS

Mes o non Mes, tralasciando anche il Patto di Stabilità, l’Italia deve comunque avviare un percorso di riduzione del debito. La strada dell’extradeficit nel 2024 e nel 2025 quindi è chiusa per Giancarlo Giorgetti. «Sì, perché la manovra è stata impostata e il sentiero è stato tracciato in modo coerente con il rispetto delle nuove regole fiscali comunitarie e con l’esigenza di dare un messaggio di rassicurazione ai mercati. Dobbiamo essere selettivi nella spesa e negli incentivi, e concentrarsi su quelli che aiutano a porre le condizioni per una maggiore crescita economica», spiega al Sole 24 Ore. Nonostante ciò, ci sono margini per trovare i 14,5 miliardi necessari per confermare il taglio del cuneo e l’Irpef a tre scaglioni, a patto però di fermare «l’emorragia del Superbonus». Le leve non mancano, come la razionalizzazione delle tax expenditures. «Con una crescita inferiore alle attese, un debito che non scende può rappresentare un problema», ma il ministro dell’Economia si aspetta che la politica monetaria cambi segno. Quel che si aspetta Giorgetti dal nuovo anno è «l’avvio rapido di un percorso di discesa dei tassi, che ci offrirebbe margini non indifferenti».

Per la crescita è decisivo, invece, il Pnrr. A tal proposito, a preoccuparlo non è la burocrazia, ma la carenza di offerta delle imprese italiane. Per quanto riguarda la fusione Ita-Lufthansa, Giorgetti attacca l’approccio della Commissione Ue, perché «si concentra sul mercato europeo mentre ormai l’orizzonte per il trasporto aereo è ovviamente mondiale». Un approccio che non ha senso per Giorgetti, secondo cui l’Italia viene rallentata. «Tutto questo è inspiegabile, ma con i tempi dovuti ce la faremo in ogni caso». Riguardo il dossier Ilva, l’obiettivo del governo è la continuità nella produzione dell’acciaio a Taranto: lo Stato è disposto a fare la sua parte, ma deve farlo anche il socio privato partecipando all’aumento di capitale. A breve ci sarà un incontro chiarificatore. «In quel caso assumeremo le scelte conseguenti». Infine, il capitolo Mps: l’uscita del Tesoro è stata avviata. «Per varie ragioni ora la Cenerentola Mps è molto più ambita, e sono convinto che nel 2024 possa concretizzarsi una soluzione in grado di ridefinire il sistema bancario in un’ottica policentrica», conclude Giorgetti.