Niente dimissioni per Giancarlo Giorgetti. A ribadirlo con forza è lo stesso ministro dell’Economia dopo i vari titoli di giornali per le sue dichiarazioni sul Mes, cioè che avrebbe detto sì alla ratifica. «Le opposizioni da mesi preparavano l’apocalisse sul Mes. E puntualmente lo scossone è arrivato al momento del voto. Io me la spiego così», dichiara al Giornale. A tal proposito, il ministro ricorda anche gli allarmi infondati per la manovra e i brusii sul Patto di Stabilità. Quindi, non restava che il Mes per andare all’attacco. Ma Giorgetti tira dritto. «Fino a quando la maggioranza sosterrà la mia impostazione su progetti seri, credibili e sostenibili non vedo perché lasciare. Come ho già detto, l’opposizione ha tutto il diritto di dare suggerimenti, anche graditi, poi però decido io». Nessuna sorpresa riguardo la posizione della Lega, che ha agito coerentemente essendo stata sempre contraria.
«Ciò che appare improprio per un membro dell’Unione è che dopo aver preso un impegno di ratifica, al momento di firmare si tira indietro. Ma ribadisco, a quel punto la questione non era più economica bensì politica», precisa Giorgetti. Il ministro sostiene la necessità di una «cintura in più attorno al sistema bancario», d’altra parte precisa che «il Mes è uno strumento come altri», una delle possibili soluzioni al problema del debito. «Ma se si lavora con prudenza, prendendo anche decisioni impopolari per renderlo sostenibile, il Mes diventa poco più di una cura sul bancone del farmacista. Non credo che l’Europa senza il Mes in versione salva-banche corra seriamente rischi di stabilità».
GIORGETTI “MES? CAPISCO L’IRRITAZIONE IN EUROPA”
Nessuna perdita di credibilità da parte del governo Meloni per la mancata ratifica del Mes. «Io penso che la fiducia nei confronti dell’Italia sarebbe crollata solo se il governo avesse approvato una manovra con proposte bizzarre, come quelle che spesso provengono dall’opposizione. Per solito i mercati valutano il comportamento di un governo soprattutto rispetto alla sostenibilità del debito», osserva Giancarlo Giorgetti. Nell’intervista al Giornale risponde anche a chi lo accusa di essere l’alfiere di tagli e austerità: «Un’accusa che mi fa sorridere, perché coloro che alzano il dito sono gli stessi che volevano approvare il Mes. Invece io ringrazio la maggioranza che ha accettato di tenere il punto sulla manovra. E non era facile visto che in alcuni casi abbiamo dovuto assumere decisioni impopolari». Il ministro dell’Economia non esclude che i Paesi dell’Eurozona che hanno ratificato il Mes in versione salva-banche decidano di andare avanti senza l’Italia. «Capisco l’irritazione dei partner per la bocciatura, anche se sapevano da tempo che questa possibilità era tutt’altro che remota. Però ricordo che anche il governo Draghi si era rifiutato di presentare il Mes in Parlamento, rinviandone l’esame. Perlomeno noi al voto ci siamo arrivati. Un punto alla fine è stato messo». Il problema per Giorgetti non è il Mes. Infatti, a proposito della resistenza della Germania verso la promozione di una Unione Bancaria, il ministro spiega: «Purtroppo sono costretto a riconoscere che manca lo spirito costituente che servirebbe. Qui non tutti servono gli interessi dell’Unione, c’è chi preferisce fare i fatti propri a spese di tutti. Però non mi chieda altro».
DAL PATTO DI STABILITA’ ALL’ILVA E IL SUPERBONUS
In merito al Patto di Stabilità, invece, Giancarlo Giorgetti osserva che l’Europa, per ambire ad essere al vertice, deve fare grandi investimenti pubblici. «Le scelte devono essere coerenti con le ambizioni e i mezzi adatti a perseguirle. Ecco le cose che a mio avviso sono meno buone». Per il ministro dell’Economia il testo è troppo complesso e poco comprensibile negli sviluppi. «Serviranno molte simulazioni per capire come funziona realmente». Il problema per Giorgetti è che molti non si rendono conto di quanto la realtà sia cambiata, a partire dai tassi alle stelle. «Soprattutto bisogna capire che il confronto va fatto non con la fase pandemica, ma con il vecchio Patto di Stabilità». A proposito di debito, al Giornale ricorda che l’Italia ora paga circa il doppio di interessi passivi rispetto alla Germania, quindi il suo sforzo è quello di «ricordare anche alla maggioranza che lo sostiene che non c’è altra via che mantenere un profilo di finanza pubblica compatibile».
In merito al caso Ilva, Giorgetti si conferma realista: il sostegno del governo c’è, «ma servono soci che seguono e che facciano sacrifici al pari dello Stato». Infine, sul Superbonus auspica di avere mercoledì i dati aggiornati e di poter dire fino a che punto si possono tutelare le situazioni più fragili. «Però debbo ricordare che ogni mese di superbonus ha un costo enorme, insostenibile in termini di finanza pubblica. Si farà solo qualcosa nei limiti in cui non venga pregiudicato l’equilibrio generale dei conti».