In apertura della nuova puntata di Tonica, il programma di Rai2 condotto da Andrea Delogu ed andato in onda proprio nel giorno della Festa della Donna, la padrona di casa ha voluto dedicare una parentesi dedicata ai diritti legati alla salute delle donne. Per l’occasione ha chiamato una amica e donna, stanca di essere considerata invisibile. Lei è Giorgia Soleri, influencer ed attivista, che con un gruppo di donne ha portato alla luce un problema “che riguarda tutte e che dovrebbe interessare tutti”.
Chi segue Giorgia Soleri su Instagram – non solo perché è la fidanzata di Damiano David, leader dei Maneskin – sa quanto sia attiva nel fornire informazioni e testimonianze sulla vulvodinia. “L’anno in cui ho iniziato a stare male è stato l’anno in cui ho iniziato a lavorare, l’anno del primo tatuaggio, l’anno della scoperta del sesso: avevo 16 anni”, ha esordito Giorgia. Da allora, ha svelato, “sono stata sempre accompagnata da un dolore come un’ombra”.
Giorgia Soleri e la vulvodinia: la sua testimonianza
Giorgia Soleri ha ricordato i lunghi anni in cui “mi svegliavo col dolore, mangiavo col dolore, andavo a scuola – quando ci andavo – col dolore, andavo a letto col dolore”, e spesso, proprio a causa del dolore, faticava persino a dormire. “E’ stato il mio compagno più devoto, silenzioso ma sempre presente. Ossessivo e possessivo, tanto da allontanare tutto e tutti come nella più classica delle relazioni tossiche”, ha aggiunto. Giorgia negli anni di soffocante dolore si è sentita dire di tutto, “che ero pazza, che ero ansiosa, che ero stressata, che mi inventavo i sintomi magari per non fare sesso, dicevano”. In molti momenti, inevitabilmente, è arrivata persino a crederci e a considerare il dolore parte di sé ed un’unica cosa.
“Passavo le nottate cercando di espellere un goccio di urina intriso di sangue che mi lacerava fino allo stomaco, con le viscere in fiamme. Andavo a letto stremata, sperando di non svegliarmi al mattino, perché quella non era vita”, ha ricordato ancora arrivando come un pugno dritto allo stomaco. Tante le cose perse per colpa del suo dolore, e poi decine di specialisti, decine di ricoveri in decine di diversi ospedali. Tutto questo è andato avanti per otto infiniti anni, fino a due anni fa, quando è giunta la tanto attesa diagnosi: “vulvodinia, contrattura pelvica e neuropatia del pudendo, anche detto dolore pelvico cronico”. Un dolore per Giorgia sempre stato concreto e che di invisibile aveva solo il nome, almeno fino a quel momento, quando ha ammesso di aver pianto di gioia: “Per tanti il momento della diagnosi è una condanna, per me è stato una liberazione”, ha confessato, dal momento che diventa reale e che apre la strada alla possibilità di ricevere finalmente una terapia. “Non so se guarirò mai, ma una cosa è certa: un mostro quando lo guardi in faccia fa meno paura”, ha aggiunto, lanciando una richiesta, quella di un sacrosanto diritto, ovvero il riconoscimento sociale, politico, medico ed economico di una malattia sottovalutata ma estremamente invalidante qual è la vulvodinia.