RETTIFICA DEL 17 SETTEMBRE 2019 In merito a quanto riportato nell’articolo seguente ci è giunta richiesta di rettifica il cui testo è raggiungibile cliccando qui.
“Reazione”. È scritto così in un sommario dell’editoriale dell’Espresso ieri in allegato a Repubblica. Il testo del direttore Marco Damilano è un lungo e accorato racconto-bilancio del (presunto) tentativo di colpo di Stato da parte di Matteo Salvini. Lo avrebbe sventato una santa alleanza democratica che – nella narrazione dettagliata del settimanale – avrebbe spaziato da partiti italiani come M5s, Pd e Leu ai gesuiti vaticani della Civiltà Cattolica, dal presidente dei vescovi europei, il lussemburghese Jean-Claude Hollerich al neo-cardinale italiano Matteo Zuppi. Senza dimenticare la senatrice a vita italiana Liliana Segre oltre – naturalmente – al nuovo presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen: l’ormai popolare Capitana Orsola – connazionale della pari grado Carola – di cui Romano Prodi è tuttora instancabile staffetta resistenziale a cavallo della nuova Linea Gotica italiana.
Curioso – ma non troppo – che vengano indicati come “rappresentanti in Italia” dell’alleanza salva-Italia due fuoriusciti del Pd: David Sassoli (presidente del parlamento europeo) e Paolo Gentiloni, fresco commissario italiano a Bruxelles. Ma resta in fondo un dettaglio rispetto al vero e proprio lapsus – “reazione politica dell’Europa contro i sovranisti” – che proprio dal subconscio dell’Espresso non ci si sarebbe mai aspettati di veder affiorare.
Chiunque andasse a chiedere a Eugenio Scalfari – fondatore dell’Espresso nel 1955 e giornalista linguisticamente rigoroso – quale sia il significato proprio della parola “reazione” nel vocabolario politico italiano, facilmente suggerirebbe citazioni da fonti qualificate. Come ad esempio quella dal Devoto-Oli: “In politica, contrapposto a rivoluzione, quanto contrasta un moto rivoluzionario e il progresso democratico e sociale… per antonomasia: il movimento storico successivo alla caduta di Napoleone (più comunemente restaurazione)”.
Scalfari tuttavia, avrebbe di più e di meglio da raccontare al suo successore riguardo a “Fodria”, popolare sigla identificativa delle “forze oscure della reazione in agguato” durante gli anni della Guerra fredda. Perché il vero “tentativo di golpe d’agosto”, in Italia, andò in scena nel 1964: quando il presidente della Repubblica Antonio Segni fu colpito da ictus dopo un drammatico colloquio al Quirinale con il premier Aldo Moro (alla guida del primo esecutivo di centro-sinistra) e il leader socialdemocratico Giuseppe Saragat, che dopo pochi mesi sarebbe asceso alla presidenza (primo non democristiano).
La svolta politica allora in corso in Italia piaceva poco a Segni, a importanti ambienti della Santa Sede (a Concilio Vaticano II appena iniziato) e soprattutto a Nato e Stati Uniti. Attorno ai palazzi romani presero a “tintinnare le sciabole” (le truppe corazzate dai carabinieri, agli ordini del generale Giovanni de Lorenzo, furono trattenute nella capitale per settimane dopo la parata del 2 giugno). La “reazione”, tuttavia – non riuscì e l’Italia – anche in seguito – non conobbe mai dure involuzioni come quella greca.
La storia del “Piano Solo” – il golpe fallito dell’estate 1964 – fu raccontata solo tre anni dopo: dall’Espresso diretto da Scalfari. Contro cui la “Fodria” si scatenò al punto tale che il giornalista fu costretto a candidarsi nelle liste del Psi alle politiche del 1968 per beneficiare dell’immunità parlamentare. A proposito: proprio nell’estate 1968 l’Italia ebbe ufficialmente il suo primo governo “balneare”: lo presiedette Giovanni Leone, per 171 giorni. Nel 1971 divenne presidente della Repubblica.
I tentativi di “reazione” contro l’ancor giovane democrazia italiana continuarono a lungo: nella peggiore stagione in oltre 70 anni di vita repubblicana, pagò con la vita lo stesso Moro. L’Espresso seppe distinguere sempre a dovere dove stava la democrazia, dove la “rivoluzione” anti-democratica e dove la “reazione” contro le prime due. Ora l’Espresso dice che la “reazione” sta di casa a Bruxelles ed è alimentata fuori d’Italia da alti esponenti del Pd. Ne prendiamo atto. Ci piacerebbe chiedere a Scalfari se è d’accordo.