Nella Storia della colonna infame Alessandro Manzoni racconta la vicenda di due disgraziati (Guglielmo Piazza e Giangiacomo Mora) processati e condannati a morte dal Governo di Milano perché ritenuti “untori” durante la peste del 1630. Una vera pandemia, che si portò via oltre il 30% della popolazione d’Europa.



L’attuale pandemia ha un tasso di letalità dello 0,9%, ma la paura che è stata scatenata è servita per imporre soluzioni drammatiche per l’economia e il contesto sociale (lockdown, restrizioni, green pass) sulle quali la comunità scientifica internazionale è assai divisa.

Insieme a tutti questi guai, si sta diffondendo una sorta di infezione delle coscienze, che sta riportando in auge la caccia all’untore di manzoniana memoria (oggi rappresentato dal cosiddetto no-vax) e che colpisce governo, classe dirigente, giornalisti, fino a diffondersi per imitazione tra  le persone comuni.



La faccenda è complessa perché in strada stanno scendendo cittadini che protestano contro restrizioni illogiche, alle quali si mescolano come sempre dei facinorosi, che finora si sono però limitati a qualche ceffone e ad una serie di rabbiosi insulti.

A questi pare essersi rivolto il Presidente della Repubblica quando ha affermato che “la violenza e le minacce che affiorano in questo periodo contro medici, scienziati e giornalisti e persone delle istituzioni sono fenomeni allarmanti e gravi che vanno contrastati con fermezza, anche sanzionando con doveroso rigore”. Come non essere d’accordo. Ci sono però altre forme di violenza verbale, ancora più grave a mio parere, perché messe in atto da giornalisti e opinionisti famosi, ai quali nessuno ha rimproverato niente: “Dal 5 agosto starete agli arresti domiciliari chiusi in casa come sorci” (Roberto Burioni). “Mi divertirei con birra e popcorn a vederli morire come mosche” (Andrea Scanzi). “Rider, sputate nel cibo che consegnate ai no-vax” (David Parenzo). “Madonna come vorrei un virus che ti mangia gli organi in dieci minuti riducendoti a una poltiglia verdastra che sta in un bicchiere per vedere quanti inflessibili no-vax restano al mondo”. (Selvaggia Lucarelli a Heather Parisi).



A questi poeti si è incredibilmente aggiunto il decano dei critici televisivi, Aldo Grasso, oggettivo punto di riferimento per quanti si interessano di media per la qualità delle sue analisi. Mai mi sarei aspettato che si sarebbe esercitato nella caccia all’untore, sbeffeggiando un professore plurilaureato di Lecco per aver dichiarato di non volersi vaccinare e di non volere il green pass.

“Nella situazione in cui siamo non si può giocare con la vita degli altri, e se uno con tre lauree non ha capito che il vaccino è l’arma più efficace a disposizione per affrontare la pandemia, allora significa che la situazione è disperante”.

Nel merito, non si capisce perché mai una persona non vaccinata dovrebbe mettere a rischio la vita degli altri: se gli altri sono vaccinati, cosa dovrebbero temere? Forse il fatto che anche un vaccinato può infettarsi ed essere contagioso, come ha detto persino il mitico prof. Fauci? Ma se è così – e purtroppo lo è, come dimostrano i paesi più vaccinati del mondo come Israele e Qatar – che senso ha il green pass, visto che chi ce l’ha può anche infettarsi e infettare?

Gli ultimi studi scientifici rivelano inoltre che l’efficacia dei vaccini crolla dopo sei mesi, e quindi non è vero che è l’unica arma che abbiamo, dati i crescenti successi di diverse terapie precoci che verranno presentate all’International Covid Summit che si terrà a Roma dal 12 al 14 settembre.

Non è bello quindi che un autorevole editorialista del Corriere della Sera si eserciti nello stigmatizzare le libere opinioni di un professore plurilaureato, come già il suo collega Gramellini si era lamentato con Cacciari e Agamben, critici sul green pass, stupendosi del fatto che “persino i filosofi si occupino di vaccini”.

Chissà perché i filosofi e i professori non possono farlo, mentre i giornalisti sì, e con liste di proscrizione in cui c’è nome cognome e indirizzo. Lo stesso motivo per cui ieri la procura di Torino ha chiuso la chat di Telegram in cui erano stati pubblicati nomi e telefoni di virologi e giornalisti. Certamente operazione del tutto disdicevole, anche se si trattava di una chat privata, aperta ai soli iscritti. Mentre un giornale è potenzialmente leggibile da tutti. Doppia morale?

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