Repubblica di ieri ha ufficializzato un’operazione editoriale che alcuni siti avevano svelato una ventina di giorni fa. Federico Vecchioni, amministratore delegato del primo gigante agroindustriale italiano (BF, oltre 1 miliardo di fatturato annuo), è entrato nel capitale della società che pubblica La Verità, il quotidiano di centrodestra fondato da Maurizio Belpietro nel 2016, capace in pochi anni di superare per vendite entrambi i concorrenti diretti, Giornale e Libero. Rispetto alle notizie del web, Repubblica ha ottenuto una conferma diretta dallo stesso Vecchioni, che ora detiene il 25% della Società Editrice Italiana (Sei) mentre Belpietro è sceso dal 78,1 al 58,5%. Il manager ha detto di essere “amico da tempo” di Belpietro e che gli “è parso ovvio sostenere l’indipendenza editoriale del suo gruppo e la sua opera imprenditoriale e giornalistica con un investimento personale e di alcuni amici”.



I problemi per Belpietro non sono dovuti alla diffusione della Verità, che pure sta perdendo qualche copia dopo la vittoria elettorale del centrodestra: era un giornale di opposizione e la metamorfosi in organo filogovernativo non ha giovato. Il vero guaio sono i periodici acquistati dalla Mondadori prima del Covid, da Confidenze a Cucina moderna, precipitati in una crisi irreversibile. La società che li editava, Stile Italia Edizioni, è stata liquidata costringendo la controllante Sei a chiudere il 2022 con una perdita di esercizio superiore a 2,3 milioni di euro. Con il soccorso finanziario del “cavaliere bianco”, che ha sottoscritto un aumento di capitale pari a 2,5 milioni, la società di Belpietro torna in equilibrio.



Prima di Vecchioni erano stati gli Angelucci a farsi avanti per acquisire La Verità. Antonio Angelucci, a capo di un colosso della sanità privata e senatore della Lega, aveva l’obiettivo di diventare il monopolista dei quotidiani di centrodestra dopo avere rilevato dalla famiglia Berlusconi Il Giornale. Pare che la sua proposta non soddisfacesse tutte le richieste di Belpietro.

Ma l’ingresso di Vecchioni, attraverso la società Newspaper costituita per l’occasione, non è semplicemente una questione di soldi. BF, che è quotata a Piazza Affari, raduna molti consorzi agrari legati a Coldiretti e il suo azionariato raccoglie alcuni bei nomi del capitalismo italiano (Eni, Fondazione Cariplo, Intesa Sanpaolo, la casa farmaceutica Dompé e fondi pensione). Vecchioni punterebbe a lanciare un nuovo “salotto buono” imprenditoriale con un adeguato sostegno mediatico.



Poi c’è il versante più propriamente politico. Vecchioni è in stretti rapporti con Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura oltre che cognato di Giorgia Meloni. Il settore agricolo ha trovato in Fratelli d’Italia una sponda affidabile per le proprie istanze. E d’altra parte la premier non avrebbe troppo gradito avere un interlocutore unico nell’editoria di centrodestra. Ora il panorama dei media legati alla maggioranza è più definito: Il Giornale vicino ai moderati, Libero più attento alle istanze dei leghisti e La Verità meloniana. Con qualche incognita, in realtà. Belpietro ha costruito il successo del suo giornale con battaglie come quella contro l’obbligo vaccinale ai tempi del Covid o l’equidistanza nel conflitto tra Russia e Ucraina. I suoi lettori hanno mostrato di apprezzare molto queste scelte controcorrente. E non è detto che gradiscano, per esempio, un’eventuale svolta filo-atlantica del giornale sulla scia del totale ossequio agli Usa della Meloni.

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