Caro direttore,
il Sussidiario ha riservato una riflessione critica sul “pacchetto editoria” inserito dalla Presidenza del Consiglio nel progetto di manovra 2020. L’articolo è stato citato dall’Osservatorio permanente Giovani-Editori che – sul Corriere della Sera – ha tenuto a precisare l’assenza di legami fra le proprie consolidate iniziative nel campo della diffusione dei quotidiani nelle scuole e la decisione del governo di stanziare 20 milioni pubblici con la stessa finalità.
Un dettagliato retroscena – ieri, sempre sul Corriere – ha riferito che la questione è stata al centro di un duro scontro, mercoledì in un vertice ristretto presieduto dal premier Giuseppe Conte, fra il leader M5s Luigi Di Maio e il capo-delegazione Pd, Dario Franceschini. A quanto si è potuto leggere, la previsione di sostegni pubblici all’acquisto di quotidiani da parte dell’amministrazione scolastica è stata sostenuta dal ministro per i Beni Culturali ed è stata contestata dal ministro degli Esteri. Per Di Maio la misura configurerebbe un “surrettizio aiuto di Stato” a un’editoria nazionale di fatto dominata da “interessi economici”.
Ti chiedo di ospitare, al riguardo, un mio breve contributo: non di riflessione ulteriore, ma di esperienza personale legata al Sussidiario, che tu dirigi dalla sua fondazione, nel 2008.
Ho lavorato come giornalista professionista per trent’anni presso gruppi editoriali tradizionali, essenzialmente nella stampa quotidiana. Ho lasciato volontariamente un gruppo editoriale in difficoltà (alle cui dipendenze avevo beneficiato di un parziale ammortizzatore sociale pubblico, oltreché di categoria) e ho potuto accedere alla pensione d’anzianità presso l’Inpgi, l’ente previdenziale di categoria. Ho potuto farlo a un’età oggi non più compatibile con la regolamentazione, comunque senza scivoli pubblici, con una corretta penalizzazione sulla prestazione e con un altrettanto opportuno limite economico alla possibilità di continuare a svolgere attività professionale.
Fra le attività che ho intrapreso dopo il pensionamento vi è stata la consulenza editoriale – che continua in chiave volontaria – per il Sussidiario: un giornale nativo digitale costruito da un’impresa editoriale innovativa e da un gruppo di giovani (“nuovi”) giornalisti appoggiati da un soggetto privato come la Fondazione per la Sussidiarietà.
Nella proprietà editoriale del Sussidiario sono via via entrati vari altri soci privati: anche il sottoscritto ha deciso di investire una parte del suo Tfr nell’acquisto di una piccola quota.
Nei miei anni di collaborazione al Sussidiario non ho mai visto registrare nei suoi bilanci un solo euro di aiuto statale all’editoria. Né ho mai sentito proporre agevolazioni o incentivi per un investimento come quello effettuato da me e da altri a supporto di un’iniziativa editoriale che ogni giorno è impegnata a fare libero giornalismo nella democrazia italiana, dando lavoro a giovani giornalisti sul mercato digitale.
Ero personalmente fiducioso che gli Stati Generali dell’Editoria, aperti dal premier Giuseppe Conte la scorsa primavera, potessero rappresentare un’occasione di riflessione approfondita anche sulla nuova editoria giornalistica: un comparto in crescita, nel quale il Sussidiario è fortunatamente in numerosa compagnia. Oggi registro – come del resto ha fatto il Sussidiario – che lo stesso premier Conte non giudica più utile neppure discutere sull’opportunità di sostenere la nuova stampa online. Ha invece creduto meglio interrompere la discussione – peraltro mai veramente nata – continuando poi ad escludere da ogni forma di sostegno tutte le imprese editoriali non tradizionali.