Oggi è la Giornata internazionale della donna. In Wikipedia vi diranno tante cose: di come le femministe socialiste dei primi anni del Novecento si organizzarono in tutto il mondo fino ad ottenere diritti che oggi diamo per garantiti come il suffragio universale, il diritto di decidere del proprio corpo, la parità di gender, quella che allora veniva chiamata la liberalizzazione omosessuale, e il superamento del matrimonio come contratto di proprietà sulla donna allora apostrofato come “prostituzione legalizzata”. In una parola dal giornale femminista di Clara Zetkin la donna ne ha fatta di strada, anche se per questi progressi con occhio miope guardiamo solo una limitata porzione di mondo che è l’Occidente.



Di fatto la conquista della donna mondialmente è ben povera: in Arabia Saudita si è dovuto aspettare Mohammed Bin Salman, tirannico despota con uno sguardo liberista e mondialista che uccide un uomo giornalista facendolo a pezzi come Khashoggi e al contempo libera le donne che finalmente hanno il diritto di guidare, assistere una partita allo stadio e passeggiare per strada relativamente libere senza i bacchettoni wahabiti. Quel che non hanno potuto le lotte di liberazione civili lo fa il dio del soldo: Bin Salman guarda all’Arabia Saudita come a una nuova Dubai, crogiolo sociale dove la religione e le tradizioni passano in secondo piano per favorire l’immigrazione e la crescita economica.



GIORNATA DELLA DONNA: L’ARRETRATEZZA DEL MEDIO ORIENTE

Al contempo troviamo tutto il resto del Medio Oriente dove non solo i diritti della donna sono limitati, ma anche quelli degli uomini, nella mancanza di diritti alla pensione, all’assistenza sanitaria e alla cittadinanza, anche se ci lavori da vent’anni e resti comunque un espatriato. I diritti delle donne in Medio Oriente valgono solo per i nativi arabi, che costituiscono il 6 per cento della popolazione: il resto dei lavoratori immigrati non gode di diritti e parlare quindi di donne è come parlare del 3 per cento degli abitanti di un luogo. Ecco perché essere donna, ma araba, in Medio Oriente funziona relativamente per l’anestesia che il benessere può somministrarti: laggiù hai un marito che provvede a te, un’enorme casa e uno staff di domestici pronti a correre ad ogni tuo cenno, hai l’autista, spesso il cuoco, e la tua vita diventa estetica, concentrata sul dirigere l’economia domestica, mentre gli altri prendono il tuo posto anche nella cura dei figli.



La bolla di sapone in cui vivono anche le ricche donne occidentali, compresa questa Giornata dedicata alla figura della donna. Insomma: il grido delle donne viene solo dal basso. E il basso. oggi, non è l’Occidente. Guardiamo all’Afghanistan: le donne sono private di tutto, ma la cosa peggiore che davvero le uccide è che viene loro vietata la scuola e il diritto di istruirsi. Ecco che se vuoi quindi sterminare una generazione di donne e la loro discendenza, le privi dell’istruzione. E qui si viene al punto: l’unica via per portare alla vera libertà e uguaglianza di genere è solo e unicamente l’istruzione. Il grido delle femministe che lottavano contro lo sfruttamento al lavoro delle colleghe operaie messe ai minimi termini, contro le violenze di ogni tipo, da quelle domestiche a quelle sociali, parte sempre dalle menti illuminate e progressiste di chi ha studiato e ha fondato partiti e movimenti culturali di presa di coscienza. Lo studio è l’unica porta che apre alle donne la possibilità di competere con quella parte di umanità che ha sempre rivestito il ruolo dominante nella struttura patriarcale della società: l’uomo.

GIORNATA DELLA DONNA: SOCIAL SPECCHIETTO PER ALLODOLE

Fa quindi specie che le donne occidentali, soprattutto le ragazze, perdano il proprio talento in Instagram tra tutorial di moda e di trucco. Lo specchietto per allodole è là: nella borsa di birkin sfoggiata in una foto sui social o nel balletto con tua figlia quindicenne su TikTok. L’inno alla stupidità femminile esaltata dal tacco a spillo o dalle unghie astronomiche di chi emula e scimmiotta questo tipo di femminilità superficiale ed estetica sono caricature come Elenoire Ferruzzi, ma anche come chi viene proclamata regina delle fashion influencer. Tutte uguali, tutte con quello sguardo vuoto eccitato per la nuova crema, il profumino, la giacca brandizzata di una sfilata. Volutamente nel mio Instagram non brandizzo, non vesto firmata nella vita, non mi unisco al branco della moda. Voglio essere fuori dal coro, come solo una donna che viene dal basso può essere.

E per basso intendo Pakistan, Afghanistan, India, Africa: Paesi dove il sogno delle donne è solo lo studio e l’emancipazione dal ghetto geografico dove sono recluse. Un ghetto che quando migrano a Londra, in Europa e in America fa sì che da loro vengano i sogni più grandi: sono loro che nelle scuole esclusive frequentate dai miei figli vogliono fare i dottori, le astronaute, le insegnanti. Vogliono aderire a programmi universitari che possano cambiare il corso delle cose. Hanno mamme che non mettono tacchi multicolori e non si trovano nei baretti fashion del centro, a chiacchierare sull’ultimo supposto tradimento del marito o sul corso di mindfulness. Hanno madri che hanno sognato a propria volta di raggiungere un posto umanitario, simile ai consorti e al desiderio di cambiare la triste società in cui sono cresciute. Mi meraviglia quindi che anche i ragazzi di oggi in Occidente vogliano aderire a questo strano fenomeno di parità gender, volendo diventare proprio quel tipo di donna in precario equilibrio su tacchi altissimi cercando di cambiare sesso. Non vogliono diventare una donna insegnante, dottoressa, chimica o scienziata. Vogliono il trucco, il parrucco, tutti elementi indiscutibilmente periferici dell’essere donna (e vale la pena ricordarlo oggi, Giornata internazionale della donna).

8 MARZO: COSA SIGNIFICA DAVVERO ESSERE UNA DONNA

Essere donna significa valutare il femminile, che è ricettività, inconscio, poesia, sogno e bellezza. Quella parte che il patriarcato e la sua razionalità ha ucciso. La fantasia che non è solo un bel vestito. È galoppare culturalmente nel Paese della poesia, che presuppone l’esistenza dell’anima e non solo dell’intelletto, della mente. Ripristinare il femminino nell’attuale società significa recuperare l’emozione, la magia, l’intuito. Significa capire che siamo anima e cuore, amore, e non solo ragionamento razionale. Significa portare amore anche nel tuo lavoro, nei tuoi studi, per poi diventare madri dell’umanità e partorire nuovi futuri. Essere vere donne oggi è ancora difficile, ancor più essere madri. Per diventare madri si deve ancora rinunciare alla carriera, a meno che non ti fai a pezzi e rischi di vivere in una perenne crisi di nervi. Ma possiamo essere madri e insegnare alle nostre figlie che si può essere donne e restare estremamente intelligenti, che un naso imperfetto non è un problema quando sono il cervello e il cuore a brillare. E che solo nell’unione di mente e spirito, nella scoperta della nostra anima, noi possiamo diventare quella guida di cui l’essere umano ha bisogno e che il maschile da solo non potrà mai raggiungere.

È il salto nell’intuizione magica a cui solo la donna può accedere diventando una strega. E allora, sorelle streghe, uniamoci oggi in questo canto alla libertà della donna in onore di nostra madre, la Terra, che il maschilismo più bieco e dispotico sta uccidendo. Perché, se uccidi la donna che è in te, uccidi la natura che ti ha creato. E solo la presa di coscienza dell’eterno femminino come anima può riscattare la donna dalla sua condizione di subalternità in un mondo razionale in cui non potrà mai vincere con le armi dell’uomo, ma solo con le sua armi proprie, da donna. Da strega.