Non è come fare l’elemosina firmare un gesto di carità. E, comunque, è più simile ad una messa da celebrarsi senza alcun suono di campane piuttosto che una messa da celebrarsi in pompa magna. Nessuna segnaletica che l’annunci e nessun grazie che la segua: in silenzio, sottovoce, anche a costo di farsi ridere dietro, tacciati di essere gli ultimi ingenui sopravvissuti. Cosa importano i giudizi facinorosi: “Chi nel cammino della vita ha acceso anche soltanto una fiaccola nell’ora buia di qualcuno – scrisse quel gran genio della carità di Madre Teresa di Calcutta – non è vissuto invano”.



D’altronde sono soltanto le anime grandi a conoscere la maestosità celata dentro una briciola di carità, in uno sguardo di attenzione all’altro sofferente. “Ci vuol fegato a chiedere l’Obolo di San Pietro in questi giorni” ha scritto più di qualcuno. A tanti preti costerà la faccia proporre nelle loro parrocchie questo gesto, quest’anno, in piena bufera finanziaria.



Cosa fare, dunque? Lasciare solo Pietro, il Papa, solo perché qualche collaboratore l’ha ingannato depredando il granaio dei poveri? Che un giorno Dio doni loro la grazia di accorgersi che, ingannando i poveri, hanno dimostrato di non essere nemmeno stati gran geni: ci son dei ladri – in galera ho il piacere di conoscerne – che, vivendo nel purgatorio della società, si son accorti che non conoscevano la storia delle cose rubate. Venuti a conoscenza, si sono mezzi (s)vergognati.

Perché, dunque, ha ancora più senso quest’anno sostenere il Papa con il gesto felice della carità? Perché dicendo: “Tanto sono tutti corrotti là dentro!” si fa solamente il gioco dei corrotti. Loro sì che sognerebbero questa reazione, in modo tale da screditare tutto il bene (ch’è tantissimo) che ancora viene fatto; in modo da poter continuare a sguazzare nella melma della menzogna e del gioco d’azzardo con la sorte dei poveri Cristi contemporanei.



Ci basti il cuore di Papa Francesco per credere che, ancor di più quest’anno, la carità non solo non avrà fine ma avrà buon esito. Forse è difficile incitarci leggendo i giornali: nessuno è mai preparato a gestire uno scandalo, ma il semplice fatto d’andarlo ad arginare è la forma di carità intellettuale più estrema. Il Vangelo di questa domenica (Mt 21,33-43), per chi l’ascolterà in ginocchio, pare un intervento di altissima chirurgia, col bisturi di una parola che scava, squarcia, interroga: anche lì c’è il sospetto che coloro che dovevano gestire la vigna abbiano compiuto una sorta di peculato agricolo. La lezione del padrone è esemplare: non chiude la vigna scrivendo “Chiuso per fallimento”, ma la prende e ne cambia gestione. Rimodula il contratto, rilancia le quotazioni affidandola ad altri, azzarda che se le cose oggi sono andate storte, domani si potrebbero raddrizzare. Viaggiare nella giusta direzione. C’è un’unica risposta che il padrone si concede il lusso di firmare: quella di togliere la vigna ai lavoratori infedeli. Su tutto il resto lascia agli ascoltatori il diritto alla riflessione.

Qualcuno dice: “Il Papa è da solo, non può fare nulla, povero-Cristo”. Mai affermazione è stata più erronea. Innanzitutto vive in Cristo, è di Cristo: come è possibile credere che l’uomo stia in piedi, con le sue sole forze, in piena bufera? Lui presta il corpo come si presta una casa: è lo Spirito, poi, a fare del corpo di un’ottantenne una pagina di gioventù.

Eppoi la sua solitudine dipenderà dai figli: sarà solo se lo lasceremo da solo. L’occasione, per Satàn, è ghiotta: lui gli sta facendo terra bruciata attorno, sogna di farlo morire di isolamento. Non morrà affatto: c’è un popolo in cammino, ch’è la Chiesa, che non si scandalizzerà se in casa i barattoli di marmellata sono vuoti o se allo sgabello manca una gamba: succede in tutte le famiglie.

“Vorrei vedere altro nella Chiesa, comunque!” dirà qualcuno. Resta il fatto che ognuno riesce a vedere in base ai suoi meriti: non si spiegherebbe altrimenti il fatto che i santi, ci sono!, non si arrendano. Quando avrebbero tutti i dettagli per farlo. Ecco perché sto con Pietro: perché una carità che non costa niente il cielo la ignora. Quest’anno, invece, costa tantissimo.

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