I giovani del Giappone devono bere più alcool. Sembra uno slogan surreale, ma è invece assolutamente appartenente alla sfera della realtà e non proviene neppure da una distilleria del Paese orientale, bensì dal suo governo, che negli anni ha visto progressivamente diminuirsi le entrate derivanti dalle tasse sugli alcolici. A darne notizia è stata la “BBC”, che ha dato voce ai dati raccolti dall’Agenzia delle Entrate nipponica: il consumo di alcool in Giappone è diminuito circa dell’1% in 25 anni, ma a preoccupare maggiormente i vertici della nazione è l’aspetto connesso alla tassazione introitata e legata alla vendita di sake, birra et similia, crollata all’1,7% nel 2020, quando era al 5% del totale delle entrate nel 1980 (-3,3%).
Come spiega il “Corriere della Sera”, per spingere i giovani a consumare più alcool, l’Agenzia delle Entrate del Giappone ha indetto un contest rivolto alla fascia d’età 20-39 anni, denominato “Sake Viva!”: lo scopo è quello di sviluppare intuizioni vincenti in termini di promozioni, di campagne pubblicitarie che inducano la popolazione a bere, anche utilizzando l’intelligenza artificiale o gli ologrammi di attrici famose. Le proposte ritenute meritevoli saranno illustrate a novembre.
“GIOVANI BEVANO PIÙ ALCOOL”: IL GIAPPONE PUNTA A RILANCIARE LA VENDITA DI ALCOLICI
È ancora il “Corriere della Sera” a spiegare le ragioni che hanno indotto i giovani giapponesi a consumare meno alcool: “Da un lato, è uno degli effetti della pandemia, che ha ridotto le occasioni per consumare alcolici. Dall’altro, è la conseguenza del trend demografico del Sol Levante. Il Giappone è uno dei Paesi con il maggior numero di anziani al mondo, e secondo la banca mondiale, il 29 per cento della popolazione supera i 65 anni”.
A tutto questo, si somma la problematica connessa al tasso di natalità livellato sempre di più verso il basso e dell’assenza di immigrazione in Giappone. Le previsioni sottolineano che entro il 2050 la popolazione del Giappone si potrebbe ridurre del 30 per cento e sfiorare i 90 milioni.