Il 9 maggio 2023 ha preso il via l’Anno europeo delle competenze con lo scopo di sensibilizzare istituzioni europee, Stati membri, parti sociali, imprese e lavoratori dell’Unione a investire nella formazione e nello sviluppo delle competenze per superare la carenza di manodopera e responsabilizzare gli individui a partecipare attivamente alle transizioni in corso del mercato del lavoro attraverso la formazione continua.
Attualmente oltre tre quarti delle imprese dell’Ue incontrano difficoltà a trovare lavoratori qualificati e già nel 2021 in ben 28 attività lavorative (dall’edilizia all’assistenza sanitaria, dall’ingegneria all’informatica) si registravano carenze in termine di competenze. Per perseguire l’obiettivo la Commissione promuoverà iniziative per migliorare il livello delle competenze e di riqualificazione; campagne di sensibilizzazione sul miglioramento delle competenze; attività di analisi del fabbisogno di competenze; azioni per favorire un più agevole riconoscimento delle qualifiche, comprese quelle rilasciate al di fuori dell’Ue.
Ma già il 15 luglio 2015 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite aveva indicato tale data come World Youth Skills Day al fine di evidenziare la gravità e l’urgenza di azioni di contrasto contro l’inattività e la disoccupazione giovanile che anche in Italia raggiungeva allora tassi ben oltre la soglia di allerta. Tra le diverse azioni si proponeva l’apprendistato quale leva strategica della costruzione dell’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro e, in particolare, quale canale privilegiato della transizione dei giovani dalla scuola al lavoro per una occupazione di buona qualità.
Ma l’apprendistato, per svolgere la sua funzione, ha bisogno di una quadro normativo e istituzionale stabile e non di continui interventi sulla cornice legale che paralizzano l’azione degli operatori economici e degli attori del sistema di relazioni industriali chiamati a trasporre le regole generali nella contrattazione collettiva di settore, come ampiamente approfondito da Michele Tiraboschi in suoi diversi interventi.
L’apprendistato, dopo il restyling operato dal Jobs Act, è ancora una semplice tipologia contrattuale novecentesca, costruita attorno al risparmio economico/contributivo e alla funzione sociale di contrasto alla disoccupazione giovanile. Si tratta di fattori indubbiamente importanti, ma incapaci di innescare quel cambio di paradigma culturale che permetterebbe di individuare come ingredienti principali dell’istituto la qualità della formazione e l’importanza della costruzione delle competenze per i mestieri del futuro. Viene insomma ridotto a risparmio uno strumento che dovrebbe avere il respiro dell’investimenti nella dimensione soggettiva e relazionale del lavoro e non in quella economicissima di mero scambio immediato.
La modernizzazione del mercato del lavoro e il superamento del Novecento ideologico passa anche da un ambiente culturalmente favorevole alla libertà di iniziativa economica: dalla condivisione del valore della impresa che, ancora oggi, appare invece circondata da sospetti e resistenze che ne fanno il luogo inesorabile dello sfruttamento dell’uomo sui propri simili. Non staremmo infatti ancora oggi a discutere di articolo 18 e di mercificazione del lavoro se l’impresa non avesse più nemici che amici e se fosse davvero vista come un valore in sé senza il necessario corredo di comportamenti etici e socialmente responsabili per essere accettata o al più tollerata come male necessario.
I fallimenti nel nostro Paese dell’alternanza scuola-lavoro e dell’apprendistato scolastico e la radicata diffidenza verso i percorsi formativi tecnici e professionali si spiegano infatti anche a causa del disvalore che la nostra società ha per lungo tempo assegnato all’impresa, con il conseguente pregiudizio che chi studia e si forma non può lavorare e viceversa. Cosa che non è mai stata vera e che, comunque, oggi non è più possibile affermare in un mercato del lavoro moderno ed evoluto che richiede continue innovazioni e, conseguentemente, persone con competenze professionali e relazionali idonee a gestire la rivoluzione tecnologica e il cambiamento in atto. Persone che, attraverso una più stretta collaborazione tra scuola e impresa, hanno imparato a fare e non solo a imparare.
Cambiando linea di intervento, con il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) è stata avviata la riforma dell’orientamento scolastico che ha l’obiettivo di valorizzare i talenti e le inclinazioni di ciascuno, di promuovere il ruolo del merito nel successo formativo, di dare supporto a studenti e famiglie per consentire loro di fare scelte consapevoli per il futuro, nello studio e nel lavoro per il superamento delle diseguaglianze e della dispersione scolastica.
La riforma prevede una didattica in chiave orientativa, organizzata cioè a partire dalle esperienze degli studenti e dalla personalizzazione dei percorsi, mettendo l’accento sullo sviluppo delle competenze di base e trasversali (responsabilità, spirito di iniziativa, motivazione e creatività, fondamentali anche per promuovere l’imprenditorialità giovanile), superando, in altri termini, il modello della sola dimensione trasmissiva delle conoscenze. A partire dall’anno scolastico 2023/2024, saranno circa 40.000 i docenti, tutor e orientatori, che supporteranno gli studenti di circa 70.000 classi dell’ultimo triennio.
I primi 150 milioni di euro sono già stati stanziati per finanziare questa misura che consentirà agli studenti di avere percorsi personalizzati e inclusivi e di avviare una nuova alleanza fra scuola e famiglie.
I tutor, in particolare:
– dovranno aiutare ogni studente ad acquisire consapevolezza delle proprie potenzialità;
– dovranno supportare le famiglie nei momenti di scelta dei percorsi formativi e/o professionali degli studenti.
Gli orientatori, in particolare, favoriranno, anche grazie alla piattaforma digitale unica per l’orientamento messa a punto dal Ministero, l’incontro tra le competenze degli studenti, l’offerta formativa e la domanda di lavoro per consentire una scelta informata e consapevole del percorso di studio o professionale da intraprendere.
Tutto questo a partire dal 1° settembre, si passerà a una didattica orientativa e di valorizzazione delle competenze e intanto fervono i quesiti “sindacali” su come sarà possibile dare attuazione ai “desiderata” utili ad accedere al Pnrr.
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