Nei giorni scorsi si è tenuta la Convention dei Giovani Imprenditori di Confartigianato. L’evento è stata l’occasione per la presentazione, e la conseguente riflessione, su un rapporto “ad hoc” sul tema, annoso ma sempre di attualità, del lavoro, o non lavoro, dei “giovani” nel nostro Paese.
Emerge, ad esempio, come, nel decennio 2013-2023, la crisi demografica abbia fatto diminuire la popolazione italiana di 874 mila giovani tra 20 e 34 anni, con un calo dell’8,7%. Questa tendenza si riflette, ovviamente, sulla composizione del lavoro indipendente: oggi il numero di imprenditori e lavoratori autonomi over 60, pari a 897 mila, ha superato quello degli under 35 (719 mila). Il fenomeno, che bisogna dire è diffuso in tutta Europa, è più marcato in Italia dove la quota di giovani lavoratori indipendenti (imprenditori, liberi professionisti, ecc.) sul totale è pari al 15%, a fronte del, comunque modesto dato, 16,2% della media europea.
Lo stesso rapporto mette poi in evidenza che gli inattivi, chi non lavora ma nemmeno un lavoro lo cerca, under 35 sono 1.477.000, il valore più alto in Europa. E così, il tasso di occupazione degli under 35 italiani è fermo al 45%, e rimane la percentuale più bassa d’Europa che fa registrare una media del 58,6%. Siamo, insomma, accanto a Grecia (45,1%) e Romania (46,5%), non propriamente dei modelli virtuosi, e lontanissimi dai valori di occupazione giovanile in Austria (70,6%), Malta (76,8%) e Olanda (82,1%).
In questo contesto generale un timido segnale di speranza arriva dalla nascita nel 2023 di ben 50 mila nuove imprese guidate da giovani, pari al 34,9% del totale delle aziende create lo scorso anno.
La risposta al problema è probabilmente non semplice e non banale ed è di natura culturale e valoriale, come emerge anche da un rapporto, simile a quello di Confartigianato, pubblicato da LegaCoop, nelle settimane scorse, su giovani e lavoro.
In quella sede emergeva come le giovani generazioni considerano il lavoro soprattutto una fonte di reddito, un diritto e un modo per affermare la propria indipendenza e temono, allo stesso tempo, di essere sfruttati, di non avere più tempo per se stessi, di dover sottostare a orari rigidi e di avere problemi relazionali con i colleghi. Il lavoro, nello stesso report, è solo ottavo nella “classifica” dei valori dei nostri ragazzi.
Ben lontano sembra, quindi, il mondo immaginato, ormai qualche decennio fa, dai nostri Costituenti che hanno inserito, proprio il lavoro, alla base della nostra rinnovata democrazia. Un’idea che, probabilmente, era condivisa, in quei tempi, dalla grande maggioranza dagli italiani di allora.
Per molti anni il lavoro ha rappresentato, poi, la principale forma di “ascensore sociale”. L’auspicio, e la speranza, è che possa a tornare a esserlo anche per i ragazzi di oggi.
Ciò sarà possibile, però, solo se tutti (politica, scuole, famiglie, ecc.) faranno, già da domani, la propria parte. Il futuro del Paese si costruisce, infatti, solo lavorando tutti nella stessa direzione e non rifuggendo nel “benaltrismo” o rispondendo a temi complessi con semplici, e spesso banali, slogan elettorali.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.