C’è un po’ di animazione intorno al sistema duale della formazione e cresce l’interesse per come potrà realizzarsi la riforma sperimentale della formazione tecnica lanciata dal Governo in questi giorni. Una formazione più vicina alle esigenze del sistema produttivo attraverso percorsi che amplino le esperienze scuola-lavoro è uno degli strumenti fondamentali per intervenire sugli abbandoni scolastici e sul crescente mismatching di competenze rilevato dalle imprese.
In questo contesto molto affidamento viene dato allo sviluppo degli ITS. Gli istituti tecnologici superiori sono il tassello della formazione terziaria che mancava nel nostro Paese. Creano un percorso parallelo a quello del triennio universitario formando figure professionali ad alta specializzazione legate alle nuove tecnologie. Vedono una collaborazione diretta delle aziende interessate nel programmare i corsi, nel fornire docenti e nell’assicurare periodi di esperienza diretta nell’impresa.
Sulla realtà degli ITS italiani avevamo gli osservatori istituzionali che ci hanno fornito le fotografie della loro implementazione e poco di più. Per questo è la benvenuta la ricerca “L’apprendistato di alta formazione per il conseguimento del diploma ITS: dati, esperienze, prospettive”, svolta da Fondazione Adapt e sostenuta da Intesa Sanpaolo nell’ambito del programma Skill Alliance.
Già dal titolo emerge che si è operata la scelta di approfondire quei percorsi ITS che attraverso l’utilizzo del contratto di apprendistato di alta formazione sviluppano un rapporto più stretto con l’esperienza diretta nell’impresa. Si può dire perché sono quelli che hanno una migliore efficacia. Ossia, se gli ITS hanno un tasso di occupazione a 12 mesi più alto delle lauree universitarie, nell’ambito ITS quelli che applicano l’apprendistato hanno tassi superiori alla media degli altri istituti.
La ricerca non si accontenta dei dati quantitativi. I numeri del mondo ITS sono ancora piccoli. Parliamo a oggi di 25 mila studenti iscritti e l’esperienza dei percorsi di apprendistato di alta formazione interessa annualmente circa 1.000 casi, e solo una parte riguarda frequentanti di corsi ITS (160 contratti attivati nell’ultimo anno).
Il campione di istituti interpellati ha coinvolto 77 fondazioni ITS. Di queste, 39 ricorrono all’apprendistato e 33 sono intenzionate a ricorrervi a breve. Vi ricorrono soprattutto fondazioni delle tre regioni del nord del Paese (circa il 50% del campione) e sono interessati istituti che hanno corsi dedicati ad aree tecnologiche ad alta innovazione (metalmeccanica, meccatronica, informatica, efficienza energetica). Sono settori dove il mismatching delle competenze risulta molto marcato e dove la componente formativa da svilupparsi a contatto con le applicazioni dell’impresa assumono un’importanza maggiore.
Le esperienze di contratti di apprendistato valutati indicano che i modelli formativi di rifermento cambiano molto da impresa a impresa. La flessibilità connessa allo strumento contrattuale dell’apprendistato permette di adattare i percorsi formativi on the job al contesto dell’impresa e alle sue esigenze specifiche.
Sulla base delle analisi svolte i ricercatori hanno definito tre modelli di comportamento, tre percorsi delle ragioni di ricorrere all’apprendistato.
Il primo modello fa riferimento alla necessità delle imprese di accelerare nella ricerca di nuove figure di tecnici specializzati. Con il contratto di apprendistato dato a persone che devono ancora concludere il corso formativo anticipo l’inserimento in azienda di competenze di cui ho necessità. Inoltre, cerco di fidelizzare alla mia impresa un tecnico necessario e di valore e freno il rischio di abbandono del percorso formativo per offerte di lavoro alternative che dovessero arrivare. È un modello definito di “recruitement e placement”.
Il secondo modello ha al centro la necessità di formare nuove competenze. Il riferimento qui è lo sviluppo del rapporto fra fondazione ITS, territorio e filiera di imprese. È nel rapporto fra ITS e imprese che si definisce sempre di più il profilo di competenze che si deve formare in modo da assicurare al territorio le nuove figure professionali mancanti. La flessibilità assicurata dal contratto di apprendistato permette poi di garantire lo sviluppo della professionalità “generica” affinandola sulle esigenze e le particolarità aziendali. È il modello definito “nuove competenze”.
Terzo caso è quello che riguarda frequentanti dei percorsi ITS che hanno già avviato esperienze lavorative o formative e attraverso il nuovo percorso aggiornano o implementano la loro formazione specialistica. Le imprese accostano qui gli ITS alla ricerca di figure professionali che non riescono a reperire in altro modo. Talvolta non conoscendo finalità e potenzialità degli ITS stessi, ma spinti dalla difficoltà nel costruire la squadra aziendale adeguata alle nuove esigenze. Potremmo dire modello “politiche attive”, ma è stato battezzato”riqualificazione e tenuta”.
Va sottolineato che in tutti i modelli giocano un ruolo importante le Agenzie per il lavoro. Oltre a essere direttamente coinvolte in molte fondazioni ITS sono tramite con le imprese per sviluppare esperienze di apprendistato di alta formazione in somministrazione. La loro intermediazione ha spesso il merito di attenuare alcuni aspetti di difficoltà burocratiche che pesano ancora troppo per la diffusione dei contratti di apprendistato. Basti pensare che la normativa che li regola è a carico delle regioni con 20 modelli diversi e talvolta differenze anche sulla definizione delle competenze che definiscono professioni identiche.
La ricerca mette perciò in luce il valore dell’abbinata percorsi formativi ITS e apprendistato di alta formazione. Valore per i giovani che così trovano un’occupazione corrispondente alla formazione seguita e alle imprese che trovano le competenze necessarie per operare le innovazioni necessarie alla loro crescita. Indica anche quanto è necessario fare per semplificare l’accesso a questi percorsi e quanto sarebbe necessario fare per renderli noti e maggiormente apprezzati dai giovani e dalle loro famiglie al momento della scelta dei percorsi di studio. Importante sarà la crescita dei servizi di orientamento che potranno giovarsi delle risorse del Pnrr e che saranno determinati per lo sviluppo dei percorsi di formazione scuola-lavoro basati sui con tratti di apprendistato.
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