Mi ritornano in mente le parole di una vecchia canzone di Giorgio Gaber: “un’idea, un concetto, un’idea finché resta un’idea è soltanto un’astrazione se potessi mangiare un’idea avrei fatto la mia rivoluzione ….”. Probabilmente il contesto è molto diverso, ma nei versi del cantautore c’è un po’ il senso dell’eterna dicotomia tra episteme e tecne, tra la scienza speculativa e quella applicata.
Senza andare a scomodare principi filosofici, che affronterei senza la dovuta competenza, provo ad avventurarmi in uno dei temi ampiamente trattati negli ultimi provvedimenti legislativi legati alla formazione dei giovani, soprattutto ma non solo, in campo tecnico: il ricorso a professionalità offerte dal mondo delle imprese per colmare il gap di competenze in uscita dai percorsi formativi tradizionali rispetto a quanto richiesto da uno sviluppo tecnologico sempre più complesso e in rapida evoluzione.
L’auspicata estensione dell’interessante modello degli ITS Academy alla scuola superiore tecnica e professionale, sia per quanto riguarda il reclutamento di esperti del mondo del lavoro nel ruolo di docenti, sia con l’importante esperienza formativa in azienda sotto forma di tirocinio o apprendistato, pone delle problematiche legate alle metodologie didattiche da utilizzare e all’adeguata preparazione in questo campo di docenti “non professionisti” e di organizzazioni educative “non formali” quali le aziende.
In altre parole: è proprio sempre vero che un valente e aggiornatissimo tecnico aziendale sia in grado di trasferire le competenze delle quali ha padronanza a dei giovani in formazione? L’esperienza formativa in azienda è realmente condotta seguendo progetti formativi progettati in funzione della crescita individuale del giovane? La risposta non è scontata.
Nel primo caso l’esperienza porta a dire che il tecnico aziendale, anche se di livello culturale elevato, tende a riproporre metodologie didattiche che hanno caratterizzato la propria formazione scolastica. Tipicamente l’esperto aziendale utilizza il modello “lezione frontale”, ancor oggi applicato nella maggioranza dei casi nell’istruzione secondaria superiore e in quella accademica, non essendo in grado di utilizzare strumenti metodologici adeguati, che del resto non fanno parte della sua normale attività di professionista. In realtà, esistono metodologie didattiche sperimentate che sicuramente potrebbero dare maggiore efficacia all’azione del docente-esperto, ma che necessitano di preparazione specifica adeguata e costante aggiornamento.
Nel secondo si evidenzia la scarsa propensione del nostro sistema produttivo alla formazione, che resta sempre un tema secondario rispetto alle problematiche produttive. Vero è che molte aziende stanno acquisendo la consapevolezza di dover rispondere alle esigenze interne di formazione continua dei propri dipendenti, ma è ancora piuttosto superficiale l’approccio metodologico nella creazione di momenti e ambienti formativi.
In particolare, val la pena di citare le difficoltà di chi ha pensato di “far da sé” costituendo academy aziendali senza adeguato supporto metodologico e nelle esperienze formative in collaborazione con le scuole (tirocini o apprendistati), dove in molti casi la scarsa competenza formativa e capacità relazionale del tutor aziendale non consente di svolgere al meglio il progetto didattico che sta alla base del percorso. La risposta alle problematiche citate credo sia ancora una volta legata a un grande progetto di territorio di collaborazione tra enti formativi, aziende e istituzioni.
Anche in questo caso il modello ITS Academy sembra aver segnato una strada legata a sistemi di formazione misti con scambi di competenze a doppio senso.
I passi da fare, facili a citarsi ma complessi nell’applicazione, sono in parte legati all’apertura del sistema formativo alle nuove metodologie didattiche, ampiamente sperimentate nell’istruzione tecnica e professionale, anche se ancora poco applicate, ma molto ostacolate quando non apertamente rifiutate nell’istruzione liceale e accademica. Evidentemente la difficoltà dell’uscire dalla “confort zone” della lezione frontale e del “ma abbiamo sempre fatto così” non potrà qualificare in futuro la professionalità della classe docente e la qualità del sistema formativo nazionale.
D’altro canto, il sistema produttivo dovrà valutare la necessità di aprirsi e di collaborare con il sistema formativo soprattutto per ciò che riguarda gli aspetti metodologici promuovendo collaborazioni ampie e aperte all’innovazione e spingendo le singole aziende, anche le meno strutturate, ad avviare processi formativi condivisi.
Perché allora non pensare agli ITS Academy come luogo di scambio di competenze tecniche e metodologiche e di ricerca e sperimentazione? Si potranno così costituire nuclei di strutture aperte e partecipate da tutti gli attori del territorio nella logica di uno sviluppo culturale generale, non solo legato ad aspetti economici e produttivi.
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