L’introduzione del Servizio civile universale nel Pnrr del Governo Draghi apre una relazione stabile con l’Unione europea. Nel 1972 nasce nell’ordinamento giuridico italiano il diritto all’obiezione di coscienza, che è il primo passo di un non breve percorso che porterà alla sospensione e poi all’abolizione, nel 2006, del servizio militare obbligatorio. Come l’Italia, in molti Stati europei, la Francia nel 1997, il Regno Unito nel 1960, il Belgio nel 1992, la Spagna nel 2001, la Polonia nel 2008, si registra giuridicamente una sospensione della coscrizione un po’ dappertutto.



Oggi solo sette dei 27 Stati membri dell’Unione europea mantengono il servizio nazionale obbligatorio Grecia, Finlandia, Svezia, Danimarca, Estonia, Lituania e Austria. In Lituania, è stato riattivato temporaneamente nel 2015 di fronte alla minaccia russa. In Svezia è stato ripristinato nel 2017 a causa delle difficoltà nel reclutamento di soldati (un contingente di 7mila militari rientra in nuovi e diversi obiettivi del governo).



Al di fuori dell’Ue, la Svizzera ha confermato la coscrizione mediante referendum a larghissima maggioranza. Dal canto suo, la Norvegia è il primo Paese europeo a rendere obbligatorio il servizio militare per le donne, mentre in altri Paesi si fa affidamento sul loro volontariato. 

Il potenziamento del “Servizio civile universale” per i giovani, tra i 18 e i 28 anni, rientra in M5-C1 (Missione 5 – Inclusione e Coesione C1) – Politiche per il lavoro, a pagina 202 del Pnrr nel Quadro di misure che comportano una prima tranche di impegno di risorse di 6,66 miliardi di euro, in molteplici ambiti di intervento delle politiche attive del lavoro e sostegno all’occupazione e 0,65 miliardi per l’avvio del Servizio civile universale.



Nel 2021 il Servizio civile, che diventa universale, compie 20 anni, quindi tanti ne sono passati da quel 6 marzo 2001 in cui, con la legge n. 64, nasce il Servizio civile nazionale. Qualche anno dopo, nel 2017, sempre il 6 marzo, il servizio civile, con il decreto legislativo n. 40, si evolve in universale. Il primo bando emanato nel 2001 prevedeva la selezione di 396 volontari; l’ultimo, vedrà in servizio, nel corso del 2021, quasi 56mila operatori volontari.

Nell’anno 2020 del Covid-19, della nuova Consulta e della Giornata nazionale del Servizio civile universale, “anche il Servizio civile universale deve adattarsi ad una situazione che non ha precedenti. I progetti, inizialmente sospesi, sono poi riattivati per la quasi totalità”. Si sperimentano nuove e alternative soluzioni di gestione delle attività e dei progetti come l’utilizzo, laddove possibile, del “remoto” o la previsione di una rimodulazione dei progetti, o ancora della stipula di accordi di “gemellaggio” tra enti per non fermarsi più.

“L’attività del Servizio civile universale non si è mai realmente fermata: sono 3.200 i volontari che scelgono, fin dai primi giorni dell’emergenza epidemiologica, di rimanere in servizio sul campo nel rispetto di tutte le misure di sicurezza previste per il contenimento della pandemia” 

È un fenomeno, già oggi, consistente, specialmente con la partecipazione molto significativa dei campani, con il 17,01%, e dei siciliani, con il 14,69%; inaspettata, invece, ai più, in generale, la partecipazione da parte delle donne. 

A partire dal 2001 e fino al 2007 le adesioni sono esplose, portandosi a 43.416 unità nel 2007, per poi ridursi a 896 nel 2013, riprendersi superando la cifra di 34mila negli anni dal 2015, fino ai 43.141 nel 2017, di cui 42.342 in Italia e 799 all’estero. Dei volontari avviati al servizio in Italia nell’anno 2017, il 62,4%, sono donne e il 37,6%, uomini. È il Sud che supera il Centro e il Nord per numero dei volontari maschi avviati. Tra le regioni è la Puglia ad avere la percentuale maggiore di volontarie, 68,9%, mentre è la Valle d’Aosta ad avere quella dei maschi, 50,94%. I settori principali delle tre aree geografiche sono nell’ordine: il Patrimonio Artistico Culturale per il Nord con il 31,48%, l’Ambiente, 70,79%, per il Sud, la Protezione Civile, 42,66%, per il Centro.

La fascia di età con il numero maggiore di avviati risulta essere, come sempre, quella tra i 24-26 anni, in cui ricade il 31,7% circa dei volontari, seguono a distanza la classe 21-23 anni con il 28,34% e la classe 27-28 anni con il 23,4%; segue, a ragguardevole distanza, la classe più giovane (18-20 anni) con il 16,48%. 

Un’alta percentuale dei volontari ha un livello di istruzione secondaria o universitaria. Il 59,74% è infatti in possesso di un diploma di scuola media superiore, mentre il 25% ha conseguito una laurea (breve l’11,19%, specialistica il 14,06%). Si attesta al 14,61% la percentuale di volontari in possesso di licenza media; 165 unità (0,39%) sono in possesso della sola licenza elementare, a fronte delle 53 del 2016.

Nel 2017, a seguito della dichiarazione di incostituzionalità, l’articolo 3, comma 1 del Dlgs 77/2002 nella parte in cui prevede il requisito della cittadinanza italiana per l’ammissione alla leva, la candidatura al servizio civile nazionale ha riguardato non solo i cittadini italiani, ma anche i cittadini degli atri Paesi dell’Unione europea e cittadini non comunitari regolarmente soggiornanti. 

Sul numero complessivo di 118.576 domande presentate da parte degli aspiranti volontari, 3.726 sono quelle presentate dagli stranieri, pari al 3,14% del totale. Degli stranieri 1.353 hanno prestato servizio civile in Italia e 22 all’estero (tutti i dati qui citati sono riportati dal sito www.serviziocivile.gov.it).

I Neet nella fascia di età del Servizio civile universale

In Italia i Neet, giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano e non sono impegnati in percorsi di formazione, con la pandemia sono aumentati, passando dal 22,1% del 2019 al 23,3% del 2020. Lo si legge nelle statistiche Eurostat appena aggiornate, secondo le quali il dato è il peggiore in Europa con quasi 10 punti oltre la media della Ue a 27 (13,7%).

Si tratta di 2,1 milioni di giovani, in aumento di 97mila unità sul 2019. Per le donne la percentuale sale al 25,4% (oltre una su quattro), mentre per gli uomini è al 21,3%, oltre dieci punti superiore alla media Ue. Si interrompe così la discesa annua della percentuale di Neet iniziata nel 2015 (fonte Eurostat). 

Il Pnrr vuole rilanciare il lavoro dei giovani: il dato statistico dei Neet e le elaborazioni della Tsl (durata della transizione scuola-lavoro) sono perciò cruciali.

Il Servizio civile universale dopo la presentazione del Pnrr

Il Servizio civile universale (Scu) è formalmente inquadrato nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) nelle politiche attive del lavoro, e quindi tra gli strumenti che daranno sicuramente un contributo: a) alla professionalizzazione delle forze di lavoro ponendo obiettivi, trasversali a tutto il Pnrr, cioè di sostegno all’empowerment femminile e al contrasto alle discriminazioni di genere, di incremento delle prospettive occupazionali dei giovani, di riequilibrio territoriale e sviluppo del Mezzogiorno e delle aree interne; b) alla riduzione del ben noto fenomeno dei Neet, di cui l’Italia ha il triste primato internazionale, e che certamente saranno stimolati a modificare scelte e comportamenti di vita, a vantaggio proprio dell’intero paese e dell’Europa. 

Considerate le finalità del Servizio civile universale (articolo 8 legge 106/2016 e articolo 2 del Dl 40/2017) e la programmazione triennale, articolata in piani annuali (Dm 5. 2019), il suo inserimento nel Pnrr e la priorità data a livello dell’Unione europea alle azioni di valorizzazione dei giovani (Next generation Plan) era da molti osservatori data per acquisita. I programmi dello Scu nei quali saranno impegnati i giovani interessano tutti i settori che caratterizzano il servizio civile: assistenza; protezione civile; patrimonio ambientale e riqualificazione urbana; patrimonio storico, artistico e culturale; educazione e promozione culturale, paesaggistica, ambientale, dello sport, del turismo sostenibile e sociale; agricoltura in zona di montagna, agricoltura sociale e biodiversità; promozione della pace tra i popoli, della non violenza e della difesa non armata; promozione e tutela dei diritti umani; cooperazione allo sviluppo; promozione della cultura italiana all’estero e sostegno alle comunità di italiani all’estero. 

Ciascun programma risponde a uno degli obiettivi individuati dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e si inquadra in uno dei 15 specifici ambiti di azione identificati nel Piano triennale del servizio civile universale. 

Gli obiettivi specifici del progetto sono i seguenti: disporre di un numero più elevato di giovani che, attraverso il Servizio civile, compiano un percorso di apprendimento non formale, attraverso il quale accrescano le proprie conoscenze e competenze e siano meglio orientati rispetto allo sviluppo della propria vita professionale; diffondere il valore e l’esperienza della cittadinanza attiva dei giovani come strumento di inclusione e coesione sociale; promuovere, attraverso i progetti in cui operano i volontari, interventi di valenza sociale più efficaci sui territori, anche intercettando la dimensione della transizione al verde e al digitale; realizzare i servizi a favore delle comunità per rendere il paese più resiliente, ma anche per attenuare l’impatto sociale ed economico della crisi. Il Dipartimento per le Politiche giovanili e il Servizio civile universale è responsabile dell’attuazione di questo intervento, che dispone di un ammontare complessivo di 650 milioni di euro per il periodo 2021-2023 ed è riconosciuto dalla legislazione italiana come strumento di apprendimento non formale dei giovani di età compresa tra i 18 e i 28 anni.

(1- continua)

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