Non passa giorno senza che sulle testate nazionali appaiano articoli legati alla richiesta inevasa da parte delle aziende del settore meccanico-meccatronico e automazione di tecnici specializzati. L’allarme è basato su numeri inequivocabili sia per quanto riguarda il fabbisogno immediato, sia per le prospettive future. Unioncamere stima in circa centomila unità il numero di tecnici richiesti dal settore nei prossimi anni, mentre stime di Confindustria calcolano in circa 280.000 tecnici il fabbisogno dell’industria manifatturiera italiana nel prossimo quinquennio. Le prospettive future non sono rosee se si pensa che dei 542.654 giovani complessivamente iscritti alla prima classe delle superiori (dati Miur) solo il 3% (16.280) hanno scelto l’indirizzo meccanica-meccatronica, il 2,5% (13.566) quello di elettrotecnica e automazione come specializzazione negli istituti tecnici industriali.
Tali specializzazioni infatti sono quelle più affini alle figure professionali richieste, anche se comunque nella gran parte dei casi, per essere spendibili in azienda, devono essere integrate da corsi Its specifici o da seri training aziendali. In ogni caso, la situazione è chiara: nel settore citato, come in altri legati alle produzioni manifatturiere avanzate, il sistema formativo nazionale non è in grado di fornire all’industria il numero di tecnici richiesti.
Quali le cause? Come rendere attrattive per i giovani le professioni tecniche e in particolare quelle legate al mondo della meccatronica e dell’automazione?
In primo luogo, dobbiamo fare i conti con una configurazione della scuola media superiore italiana molto confusa e ridondante negli indirizzi di studio. Siamo l’unico Paese europeo che accanto a un sistema liceale prevede ben tre sistemi formativi tecnico professionali: gli istituti tecnici, gli istituti professionali statali e il sistema regionale della Istruzione e formazione professionale (Iefp), senza parlare della moltitudine di indirizzi spesso sovrapponibili. Con un orizzonte di scelta poco chiaro al termine della scuola dell’obbligo, appare evidente che la scelta degli indecisi si indirizzi verso tipi di scuole generaliste come i licei, che in ogni caso spostano le scelte professionali al termine della scuola media superiore.
Non è da trascurare comunque che le innovazioni tecnologiche legate alla quarta rivoluzione industriale richiedano l’acquisizione di competenze che il sistema della scuola superiore non è in grado di fornire se non negli elementi di base e che siano necessari sistemi di specializzazione misti (scuola azienda) come gli Its o lauree tecniche, per un proficuo inserimento nel mondo del lavoro.
La seconda causa è legata ad aspetti culturali. Si dà per scontato che la scelta di una professione tecnica e in particolare inserita nel sistema produttivo sia una seconda scelta rispetto a professioni tradizionalmente considerate di livello superiore e che la carriera del tecnico sia anche economicamente meno attraente di altre. Probabilmente ai più sfugge il fatto che nella rivoluzione introdotta da “industry 4.0” la figura del tecnico operativo specializzato sia diventata strategica per l’azienda e che per questo i livelli retributivi di un diplomato Its (scuola post diploma professionalizzante) siano spesso più allettanti di quelli di un laureato.
Sempre legato ad aspetti culturali è il problema di genere. Perché il mondo dell’automazione avanzata, come del resto quello delle tecnologie innovative, non vede una presenza consistente del genere femminile? Non esistono problematiche particolari legate al genere, gli ambienti di lavoro sono lontani dall’idea dell’officina meccanica sporca e rumorosa di qualche decennio fa e le attività delle poche donne inserite come tecnico specializzato in azienda sono per la gran parte esperienze di grande soddisfazione.
Il problema culturale è da ascrivere spesso alla limitata conoscenza delle caratteristiche e delle possibilità delle professioni tecniche e probabilmente aprire le aziende alle scolaresche sin dalle scuole elementari e alle famiglie potrebbe contribuire a vincere resistenze ormai anacronistiche, ma ancora radicate saldamente nella società italiana.
L’ultimo, ma non meno importante aspetto da considerare è legato ai rapporti tra mondo della formazione e mondo produttivo. Siamo in un momento storico nel quale è indispensabile creare un unico sistema che preveda una formazione continua dei lavoratori a tutti i livelli attraverso sistemi misti nei quali i tecnici di azienda diventino formatori di tecnologie avanzate e gli insegnanti mettano a disposizione del mondo produttivo le proprie competenze metodologiche. La fortunata esperienza degli Its sta costituendo un laboratorio interessante in questo senso. Purtroppo, i numeri di nicchia del sistema Its nazionale – 10.000 allievi frequentanti contro gli 800.000 dell’analogo sistema tedesco – indicano che scelte importanti a livello di programmazione generale dovranno essere compiute dai decisori politici per far decollare definitivamente il modello.
L’industria manifatturiera italiana, ma soprattutto i nostri prodotti campo dell’automazione avanzata sono tra i migliori al mondo, ma per mantenere le attuali posizioni sui mercati internazionali è assolutamente necessario che si riescano a formare dei tecnici specializzati di alto livello. Le scelte politiche e industriali dovranno essere concentrate sull’obiettivo: non c’è tempo da perdere.