I giovani che si recano in pronto soccorso senza avere dei motivi “realmente validi” di malessere sono quasi il 90%. A rivelarlo, come riportato dal Corriere della Sera, è stato uno studio condotto dai geriatri della Società Italiana Geriatria Ospedale e Territorio – SIGOT e della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria – SIGG, che ha messo a confronto gli accessi nelle strutture sanitarie delle diverse fasce di età. È emerso che le richieste di aiuto degli anziani sono ben quattro volte più appropriate rispetto a quelle di coloro che hanno meno di 40 anni.
La ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica Geriatrics & Gerontology International, ha fatto uso dei dati EMUR (Sistema Informativo per l’Emergenza e Urgenza) del Ministero della Salute. In particolare, sono stati presi in esame i 20.400.071 accessi al pronto soccorso del 2015 in base all’età dei pazienti e alla gravità del caso stabilita attraverso i cosiddetti codici: bianco o verde, ovvero per problemi di poca rilevanza, e giallo o rosso, che segnalano emergenze e addirittura pericolo imminente di vita.
Giovani in pronto soccorso “senza motivi validi”: i dati dello studio
I dati dello studio parlano chiaro. L’appropriatezza delle visite – in altri termini l’attribuzione di un codice giallo oppure rosso – aumenta progressivamente con l’avanzare dell’età: è del 6,3% nella fascia di età 5-9 anni, del 10,7% nella fascia 40-44 anni, del 36,8% nella fascia 85-89 anni, fino ad arrivare al 44,2% nella fascia 95-99 anni. Insomma, ciò significa che i giovani che si recano al pronto soccorso senza motivi “realmente validi” sono quasi il 90%, molti di più rispetto agli anziani. Anche osservando i ricoveri successivi alle diagnosi emerge un quadro simile.
“Lo studio smentisce la diffusa percezione secondo cui gli accessi inappropriati in PS siano soprattutto di persone anziane. Un dato avvalorato anche dal fatto che negli anziani alla visita di PS segue spesso un ricovero e non il ritorno a casa. Talvolta si ritiene che l’ingresso degli anziani sia inappropriato, in quanto affetti da patologie croniche, ma proprio cronicità e fragilità rendono gli anziani clinicamente instabili, maggiormente vulnerabili, e pertanto più a rischio di quadri clinici acuti e gravi, spesso a presentazione atipica, che richiedono interventi tempo-dipendenti attuabili solo in ospedali attrezzati”, ha commentato Filippo Luca Fimognari, direttore della Geriatria e del Dipartimento Medico dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza.