Anni fa era stato coniato il termine ‘bamboccioni‘ per intendere il trend, in crescita, dei giovani italiani che sempre più tardi lasciano la casa dei genitori. L’indipendenza viene conquistata sempre troppo tardi, e spesso questa situazione è stata attribuita alla svogliatezza nel volersi ricreare una propria autonomia. Ma come stanno realmente le cose? Di sicuro non si è registrata un’inversione di tendenza, anzi. Come riporta Tgcom24 infatti i dati Istat denotano come negli ultimi 10 anni la situazione sia addirittura peggiorata, con picchi maggiormente concentrati in alcune aree del territorio nazionale.



Quasi 7 su 10 vivono ancora con mamma e papà (69,4%), quando nel resto d’Europa il dato medio si attesta al 50,6% dei maggiorenni under 35. Soltanto quattro stati europei – Croazia, Grecia, Slovacchia e Portogallo – fanno peggio dell’Italia. Ci sono poi aree del nostro Paese in cui le cose vanno anche peggio. Nel Mezzogiorno, in particolare, il passaggio verso l’età adulta è lungo e complicato: qui è addirittura il 71,5% dei 18-34enni a non aver tagliato il cordone ombelicale con i genitori. Mentre al Nord si scende, per così dire, al 64,3%.



GIOVANI NON ABBANDONANO LA CASA DEI GENITORI: COLPA DI INSTABILITÁ LAVORATIVA E LUNGHI PERCORSI DI STUDIO

Lasciando da parte i pregiudizi esistono cause importanti che portano i giovani ad abbandonare tardi la casa dei genitori. E queste vanno rintracciate soprattutto nell’instabilità lavorativa e nei percorsi di studio lunghi. Negli ultimi anni è, infatti, aumentata la propensione agli studi universitari, soprattutto nel Mezzogiorno: qui nell’anno accademico 2021-22 si registrano 58 immatricolati ogni 100 residenti di 19 anni, in linea con quanto succede nel Centro-nord, dove sono il 56%. Il problema è che poi una buona parte di loro finisce inevitabilmente fuori corso o prolunga la sua permanenza nel sistema formativo. Al Sud, infatti, il 16,1% dei 25-34 anni è ancora alle prese con la formazione, mentre al Centro-Nord solo l’11,2%.  Dati in significativo aumento rispetto al 2001, quando erano solo il 10,7% nel Mezzogiorno e l’8,9% nel Centro-Nord.



E il paradosso è rappresentato dal fatto che le immatricolazioni universitarie sono più alte proprio in quelle zone dove la disoccupazione è più alta. A farla da padrone in questo senso è sempre e ancora il Sud.

MATRIMONIO E FIGLI SOLO DOPO I 36 ANNI

Alla luce di tutti questi dati, Tgcom24 fa notare anche un altro aspetto rilevante: il posticipo dell’età entro cui potersi formare una famiglia. Matrimonio e figli sembrano infatti essere un’utopia oggigiorno per i giovanissimi. Prima dei 36 anni è impensabile raggiungere questi traguardi, e ancora una volta il tutto va ricondotto alla difficoltà di raggiungere una stabilità economica e lavorativa. Guardando i dati nel 2021, l’età media del (primo) matrimonio degli italiani è stata di circa 36 anni per lo sposo e di 33 per la sposa. Nel 2004 era, rispettivamente, di 32 e 29 anni. Alla fine, nel 2021, solo il 12,9% dei giovani under 35 risultava coniugato o coabitante in un nucleo familiare autonomo, con un lieve aumento nel Centro-nord (13,6% contro l’11,7% del Sud). A inizio millennio la situazione era sicuramente migliore. Nel 2001 viveva in una famiglia propria oltre un quarto dei giovani 18-34enni (il 28,3%), che al Sud salivano al 30,2%.

Allo stesso modo, l’età del primo figlio sta salendo di circa un anno ogni dieci: oggi una donna partorisce per la prima volta attorno ai 32,4 anni mentre nel 2001 lo faceva a 30,5. Più in generale, oggi solo il 14,4% degli under 35 ha almeno un figlio; un dato in netto calo rispetto al 2001, quando la quota di giovani genitori si attestava al 21,7%. E, soprattutto, la metà dei 34enni (55,8%) aveva già procreato: nella generazione attuale lo ha fatto solo il 40,8%.