Ci sono parecchie novità intervenute in questioni che si trascinano da anni e che meritano una segnalazione. Cominciamo da una vertenza che potremmo definire emblematica dei danni provocati da un’ideologia che tiene conto solo della propria becera intransigenza. Ci riferiamo allo stabilimento ex Ilva di Taranto, che era la più importante acciaieria europea, e che adesso è in vendita con dimensioni produttive fortemente ridimensionate – ammesso e non concesso che trovi un acquirente disponibile a entrare nella fossa dei leoni di una magistratura che ha sposato la causa degli ambientalisti e che si è prodigata per l’opificidio (l’omicidio di un opificio) dello stabilimento di Taranto.



La Corte d’Assise d’appello ha annullato la sentenza di primo grado che prevedeva la condanna di ben 26 persone, accettando la riserva di legittima suspicione e di possibile conflitto di interessi avanzata dalla difesa e respinta in primo grado. Così il processo per disastro ambientale è stato spostato a Potenza, con gravi lamentazioni delle associazioni ambientaliste che dal 2012 in poi avevano condotto una battaglia implacabile contro lo stabilimento con l’appoggio delle istituzioni locali, della politica e del tribunale. Ormai – nonostante le promesse del ministro Urso – lo stabilimento è l’ombra di ciò che era stato, ma almeno è possibile che venga resa giustizia a quanti nell’avventura processuale sono stati vittime di pregiudizi che hanno distrutto ricchezza e posti di lavoro.



Secondo uno studio della Fondazione dei Consulenti del lavoro, la fase di crescita occupazionale che sta caratterizzando gli ultimi due anni si accompagna a un incremento ancora più significativo della partecipazione dei giovani al lavoro. Su un milione e 26 mila posti di lavoro creati tra il 2021 e il 2023, circa 439 mila hanno riguardato giovani con meno di 35 anni. L’occupazione giovanile ha contribuito al 42,8% del positivo saldo occupazionale, registrando un tasso di crescita dell’8,9%, doppio rispetto a quello generale del 4,5%. Il contributo maggiore è venuto dai 25-34enni, il cui numero di occupati è aumentato di 270 mila unità (6,9%), ma sono stati i giovanissimi, con meno di 25 anni, a registrare la crescita più forte in termini percentuali, con un saldo di 169 mila occupati in più e un tasso di crescita del 16,7%.



La positiva dinamica ha riguardato entrambi i generi, ma in particolare le donne. Con 202 mila occupate in più, queste hanno registrato una crescita del 9,9%, mentre per gli uomini questa è stata dell’8,2%. Il cambio di passo interrompe il trend di forte contrazione dell’occupazione giovanile avviatosi negli anni 2000, che ha toccato il suo minimo storico nel 2020 quando il numero degli occupati con meno di 35 anni è arrivato a 4 milioni e 777 mila (nel 2004 erano 7 milioni e 632 mila). Hanno contributo le esigenze di innovazione delle competenze di molte aziende, accelerate dalla crisi del Covid e dalla transizione tecnologica e digitale, ma anche la crescente scarsità di offerta di lavoro che, unitamente al turnover in atto in molti settori – si pensi alla Pubblica amministrazione – sta comportando un riorientamento della domanda verso i giovani.

A trainare la crescita dell’occupazione giovanile sono stati i settori che hanno registrato le migliori performance nella fase di ripresa post-Covid. A partire dal turismo, che con 140 mila occupati in più nei servizi di alloggio e ristorazione ha registrato un incremento del 23,7% (il dato si riferisce alla fascia d’età 15-39 anni) Seguono, in termini assoluti, il settore della salute – sanità e assistenza sociale – che ha contribuito alla crescita con 60 mila occupati in più (+10,1%) e quello dell’informazione e comunicazione (52 mila occupati in più per un incremento del 20,3%). Anche l’industria ha assorbito una quota rilevante di nuova occupazione giovanile (+48 mila), ma l’incremento in termini relativi è stato meno significativo, mentre sono da sottolineare le buone performance delle attività artistiche, sportive e di divertimento, che con un saldo di 37 mila occupati in più hanno registrato un incremento in termini percentuali del 32,1%.

Anche sotto il profilo della qualità dell’occupazione – secondo la Fondazione – si registrano segnali positivi. Aumentano sia il numero dei laureati (+12,5%) che quello dei diplomati (+10,8%), mentre si riduce (-1,5%) quello dei giovani in possesso al massimo del diploma di scuola media. Ma è soprattutto guardando i profili professionali che si evidenzia un miglioramento della collocazione giovanile nella piramide professionale. Oltre alle figure addette nelle attività commerciali e nei servizi (+161 mila per un incremento del 10,7%), crescono soprattutto giovani occupati nelle professioni altamente qualificate: aumentano di 113 mila unità (+10,9%) i profili intellettuali e scientifici e di 125 mila (+9,4%) quelli tecnici intermedi. Risulta invece in contrazione la presenza di giovani tra i profili medio bassi, come conduttori di impianti e professioni non qualificate.

Questi dati sono utili perché smentiscono uno dei tanti luoghi comuni che ci portiamo stancamente appresso.

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