Oggi al Meeting di Rimini si parla di giovani, in un incontro dal titolo “Il grande tradimento: ragazzi perduti e ritrovati” (Sala Neri Generali-Cattolica, ore 12:00), cui parteciperà anche il viceministro del Lavoro e delle Politiche sociali Maria Teresa Bellucci, che abbiamo intervistato.

Quali azioni il Governo intende mettere in campo per far sì che i ragazzi siano sempre meno “perduti” e sempre più “ritrovati”?



Penso, come scriveva Winnicott, che i giovani siano il “barometro” della società. Quando di loro ci viene restituita una fotografia preoccupante, non possiamo chiamarci fuori abdicando alle nostre responsabilità, anche perché sono gli adulti i veri responsabili del modello sociale, economico ed educativo che viene consegnato alle nuove generazioni: se queste vivono in uno stato di malessere sempre più dilagante che sfocia in disturbi di ansia, depressione, ritiro sociale, suicidio, dipendenze di vario tipo o, nelle migliori delle ipotesi, in una semplice sfiducia nel futuro, oltre a sentirci responsabili della loro “caduta”, dobbiamo sentirci, ancor di più, responsabili della loro “rinascita”. Come Governo abbiamo messo in campo tutta una serie di azioni volte a offrire luoghi che siano per gli adolescenti opportunità di crescita, di sane relazioni, con investimenti importanti di circa 350 milioni di euro, destinati a enti locali e del terzo settore. Stiamo anche lavorando per rafforzare il welfare di prossimità, stanziando ad esempio oltre 300 milioni di euro per potenziare équipe multidisciplinari nei servizi sociali composte da assistenti sociali, psicologi, pedagogisti ed educatori. È solo l’inizio, ma questa è la strada che vogliamo percorrere.



Uno dei gravi problemi cui i minori rischiano di andare incontro è quello della povertà economica. Si parla, però, sempre più anche di povertà educativa. Che cosa significa?

Per molto tempo, parlando di povertà di bambini e bambine, si è parlato unicamente di povertà materiale; così la povertà dei minori è stata caratterizzata e misurata solo in termini economici, quindi messa in relazione unicamente al reddito e alla ricchezza dei genitori. Il fenomeno è in realtà più complesso. Per cogliere tutti gli aspetti che caratterizzano la deprivazione minorile si deve parlare anche di povertà educativa. Un fenomeno multidimensionale, frutto del contesto economico, sociale, familiare in cui vivono i minori, che non riguarda solo la dimensione economica ma anche quella emotiva, sociale e relazionale. Ovviamente i due tipi di povertà sono strettamente correlati e si alimentano reciprocamente. Per superarle c’è bisogno di un popolo di adulti – Istituzioni, privato e privato sociale – che si impegnino, in sinergia, per favorire la piena autonomia dei più piccoli e giovani.



Concretamente cos’è possibile fare, quindi, per la povertà educativa?

Intanto offrire ai ragazzi strumenti adeguati a sviluppare competenze e rendersi indipendenti, consapevoli che un’offerta educativa di qualità può interrompere il circolo vizioso di quella povertà emotiva, sociale e relazionale che si perpetua da una generazione a un’altra. Questa l’ottica in cui si muove, per esempio, la Child Guarantee, un’iniziativa della Commissione europea per il contrasto alla povertà educativa e all’esclusione sociale, declinata a livello nazionale nel Pangi (Piano di azione nazionale italiano) che, mettendo a disposizione fondi straordinari per l’infanzia, mira a promuovere pari opportunità e garantire l’accesso a servizi essenziali per bambini e ragazzi bisognosi con meno di 18 anni. Una delle ultime azioni da noi messe in campo all’interno di questa iniziativa, è stato il bando “Destinazione-Desideri in azione”,  che ha visto lo stanziamento di 250 milioni di euro, per la realizzazione di 60 comunità aggregative per adolescenti, dove si avrà la possibilità di fare gratuitamente sport, musica, arte, ricevere supporto psicologico e formazione pedagogica.

Mentre sul fronte della povertà materiale?

Accanto alla povertà educativa c’è, come detto, tutto il complesso discorso della povertà materiale che il Governo Meloni si sta impegnando a contrastare attraverso un Piano di azione a supporto delle famiglie più fragili e bisognose, che vede tutta una serie di misure messe in campo e potenziate, come l’Assegno di inclusione, l’Assegno unico universale, le decontribuzioni per incentivare l’occupazione, per citarne alcune. Il nostro obiettivo, come Governo e come Nazione, è quello di abbandonare un welfare meramente assistenziale, promuovendo politiche sociali generative di opportunità, così da garantire a ogni minore il diritto a una vita e a una crescita sana, superando le condizioni economiche e sociali di partenza.

Recentemente sono stati diffusi i dati sul monitoraggio dei minori fuori famiglia affidati ai servizi sociali.

Esattamente. È stato di recente pubblicato il Quaderno della ricerca sociale n. 60 che contiene i dati, aggiornati al 31 dicembre 2022, sui bambini e gli adolescenti fuori dalla famiglia di origine. Si tratta di un traguardo, significativo e mai conseguito prima, fortemente voluto da questo Governo. Il Report è basato, infatti, su una nuova modalità capillare di raccolta dati, ottenuta attraverso il diretto coinvolgimento di Comuni e Ambiti territoriali sociali (Ats). In questo modo abbiamo superato definitivamente le precedenti rilevazioni, parziali e approssimative, basate sul solo livello regionale. Alla raccolta ha aderito ben il 97% degli Ats. In altre parole, con questo Report abbiamo coperto tutto il territorio nazionale, ottenendo un quadro completo dei minori fuori dalle famiglie di origine, con una visione dettagliata della tipologia di servizi loro offerti, delle azioni messe in atto per supportarli e del numero di operatori coinvolti. Per la prima volta, inoltre, sono stati considerati anche i Minori stranieri non accompagnati (Msna). Il rapporto è frutto di un importante lavoro reso possibile dalla collaborazione con referenti regionali, territoriali e assistenti sociali. Siamo molto soddisfatti e convinti che tale lavoro contribuirà alla definizione di politiche pubbliche più capaci di rispondere ai bisogni reali di tutela di minori e famiglie.

Che cosa emerge dalla ricerca? Sinteticamente ci può riportare qualche dato?

Il numero totale dei minori presi in carico nell’anno 2022 è pari al 41.683, compresi i Msna: 16.382 accolti in famiglie affidatarie e 25.301 accolti in comunità residenziali. I Msna, per la prima volta conteggiati in una rilevazione di questo tipo, sono poco più di 8.000, di cui 1.164 in situazione di affidamento familiare e poco più di 7.000 quelli collocati presso strutture. Le regioni in cui la pratica dell’affidamento familiare è più diffusa, con valori pari o superiori ai 2 casi per mille, sono la Liguria e il Piemonte, mentre sul fronte opposto si trovano il Friuli-Venezia Giulia, la Provincia autonoma di Bolzano e la Campania. Circa il 66% degli affidamenti familiari risulta di tipo giudiziale. In merito all’età degli accolti, la distribuzione nei diversi territori conferma la sostanziale prevalenza di preadolescenti e adolescenti, con l’85% dei soggetti che ha compiuto i 6 anni d’età. Si riscontra, comunque, un certo equilibrio tra maschi e femmine (53% e 47%). Per ciò che concerne l’accoglienza in comunità c’è, invece, una netta prevalenza maschile e il 46% degli accolti ha un’età tra i 15 e i 17 anni. In questo caso i provvedimenti giudiziali riguardano il 74% dei minori. Le tipologie più diffuse sono comunità di tipo socioeducativo (30%) e comunità di tipo familiare (25%).

Lo scorso 3 agosto è entrata in vigore la legge 4 luglio 2024, n 104 “Disposizioni in materia di politiche sociali e di enti del Terzo settore”. Nella parte dedicata alle politiche sociali si parla proprio di un tavolo nazionale per il monitoraggio degli interventi sui minori fuori famiglia e sui maggiorenni in prosieguo amministrativo. Di cosa si tratta?

È uno strumento molto importante, atteso da anni dalle organizzazioni che lavorano in questo settore. Con questo tavolo, che vedrà coinvolti Enti del terzo settore e categorie professionali, si prevede di rafforzare la raccolta dati sui minori fuori famiglia, produrre una relazione annuale al Parlamento su di essi e elaborare politiche pubbliche più efficaci. Sono passi importanti che necessitavano di essere fatti, per garantire pieni diritti a tutti quei bambini che rimangono nel limbo per troppo tempo, oltre i due anni stabiliti per legge, a volte fino al compimento della maggiore età, o ancor peggio di coloro i quali rischiano di non essere censiti e quindi abbandonati dallo Stato. Sono tutti bambini e adolescenti che si vedono rubata l’infanzia perché privati delle amorevoli cure di una mamma e di un papà. Questo tavolo lavorerà in questa direzione, facendo sì che ogni minore possa vedere applicata la legge e quindi soddisfatti i propri diritti. Per questo Governo non ci saranno più bambini invisibili.

Sempre con la Legge 104/2024 è stata istituita la Giornata nazionale dell’ascolto dei minori. Quale può essere la sua utilità?

I bambini e i ragazzi hanno bisogno di adulti credibili che siano capaci di ascoltarli, perché è solo attraverso l’ascolto che è possibile conoscere e quindi rispettare l’altro, i suoi sogni, i suoi pensieri, i suoi diritti. È per questo che abbiamo istituito, con l’approvazione della Legge 104 del 4 luglio 2024, la “Giornata nazionale dell’ascolto del minore”, che ricadrà d’ora innanzi il 9 aprile di ogni anno. Mi preme ricordare che il diritto all’ascolto del minore fu riconosciuto, per la prima volta, con la Convenzione di New York del 1989. Questo fu solo l’inizio di un lungo cammino che ha sancito, a livello internazionale e nazionale, un cambio di prospettiva importante: la considerazione del minore non più come oggetto, ma come soggetto di diritti. Vogliamo simbolicamente ricordarne la valenza, affinché le istituzioni, a tutti i livelli, incentivino la cultura dell’ascolto, coinvolgano sempre più i minori nei processi decisionali che li riguardano e potenzino gli strumenti loro dedicati in tal senso.

È da poco entrato in vigore il nuovo Codice del Terzo settore. Ci può spiegare qual è il miglioramento più tangibile che gli Ets avranno grazie a esso?

Con l’approvazione della citata legge n. 104 del 4 luglio 2024 puntiamo anche ad avviare una riforma del Codice del Terzo settore, varato nel 2017, nell’ottica della semplificazione e del reale supporto all’azione del mondo della solidarietà sociale italiano, con particolare riguardo agli enti di piccola e media dimensione. Entra così in vigore un primo pacchetto di semplificazioni che il mondo del terzo settore attendeva da anni e che rientra in un percorso più ampio di attuazione e correzione del Codice e di potenziamento delle politiche sociali che abbiamo intenzione di realizzare. Diverse le novità più significative introdotte: estensione del rendiconto per cassa agli enti fino a 300mila euro, introduzione rendiconto in via aggregata per enti fino a 60mila euro, introduzione della delega per operare sul Runts, accesso all’iscrizione al Ruts per le associazioni d’arma, l’innalzamento delle soglie per la nomina dell’organo di controllo e del revisore legale e tutta una serie di ulteriori correzioni del Codice che faciliteranno la vita degli enti. Mi preme ricordare che fondamentale per la stesura del nuovo Codice, è stata l’apertura di tavoli dedicati all’interno del Consiglio nazionale del terzo settore che hanno visto anche l’apporto di professionisti dell’Ordine dei notai e dei commercialisti.

Gli Ets attendono anche la Legge di bilancio per sapere cosa accadrà in termini di tetto al 5×1000. Si sente di rassicurarli?

Riguardo al tetto al 5×1000, vorrei ribadire che è volontà di questo Governo valorizzare le scelte dei contribuenti e, pertanto, agire verso un aumento dell’autorizzazione alla spesa. Come ministero del Lavoro e delle Politiche sociali stiamo infatti lavorando in stretta sinergia con il ministero dell’Economia e delle Finanze e con l’Agenzia delle Entrate per verificare un intervento normativo che possa consentire tale aumento e auspichiamo che si possa raggiungere attraverso la stessa manovra di bilancio.

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