Giovanna Boda si è detta vittima di una cura ormonale che generato in lei «comportamenti compulsivi e depressivi», tali da impedire di restituire all’imprenditore Federico Bianchi di Castelbianco, suo presunto corruttore, tutte le somme che le venivano periodicamente versate come regali. Così, come si legge sul sito del Corriere della Sera, si è difesa l’ex capo dipartimento delle risorse umane del ministero dell’istruzione, parlando con i pm della procura di Roma, attraverso un verbale pubblicato dal quotidiano La Verita, antecedente però la richiesta di processo nei confronti della stessa dirigente e che evidentemente non è stato tenuto in considerazione dagli inquirenti. Giovanna Boda, a testimonianza del suo stato di depressione di cui sopra, avrebbe già restituito parte delle somme di denaro e dei regali attraverso i contanti e si sarebbe anche impegnata nella vendita di una casa di famiglia per restituirne altri.



«Non ricordo le singole dazioni – ha aggiunto l’imputata – avevo perso il senso della realtà, ma non mi sono arricchita perché molte volte ho rimandato indietro i soldi. Sul mio conto, al momento del sequestro, c’erano trentamila euro». Secondo quanto sostenuto dall’accusa, Giovanna Boda avrebbe ricevuto circa tre milioni di euro in cambio di affidamenti all’imprenditore per 23,5 milioni di euro, e nell’indagine, oltre all’ex dirigente Miur e a Bianchi di Castelbianco sono coinvolte altre 13 persone per cui è stato chiesto il rinvio a giudizio, fra cui alcuni collaboratori dell’ex direttrice che la stessa Boda accusa di non averla aiutata: “Facevo shopping compulsivo, si sono approfittati di me”, si legge ancora nel verbale.



GIOVANNA BODA: “I MIEI COLLABORATORI SAPEVANO MA…”

“Erano assolutamente consapevoli – dice Giovanna Boda sempre riferendosi ai suoi collaboratori – delle dazioni che Bianchi di Castelbianco mi ha assicurato per anni, consapevoli a tal punto che concordavano direttamente con lui le modalità con le quali farmi pervenire i soldi. Io ho più volte detto alla Franco e a Condoleo che ero disperata e che non sapevo come uscire da questa situazione ma loro piuttosto che farmi desistere ne alimentavano il protrarsi dicendomi di stare tranquilla e con ciò aderendo alle indicazioni di Bianchi di Castelbianco. Nel frattempo io continuavo a effettuare spese compulsive senza senso”.



Tante le spese contestate ricorda il Corriere della Sera, come ad esempio 80mila euro per ristrutturare casa, 105mila per pagare l’autista personale, 41mila in bonifici e 50mila in contanti, ma anche pagamenti per corsi di musica, sci, bollette del gas, un intervento estetico e altro ancora. L’inchiesta era scattata nell’aprile del 2021 e quando Giovanna Boda aveva appreso di essere stata indagata aveva tentato il suicidio lanciando da una finestra del ministero in quel di Trastevere, in Roma.