Giovanna Botteri tra gli ospiti dell’ultima puntata di “Domenica In” di Mara Venier. La giornalista, inviata da Pechino fa una bellissima sorpresa all’amica Mara: “hai visto come mi sono messa elegante” – e mostra una t-shirt con la faccia di Mara Venier – “l’ho fatta fare qui a Pechino, dicono che ho sempre la stessa maglietta e invece no!”. Poi la giornalista parlando del momento storico e di una possibile seconda ondata di Coronavirus dice: “qua bisogna avere il sorriso, bisogna affrontare tutto con la positività, i momenti più difficili e tutto quanto. Questo non è un momento facilissimo, hanno trovato un nuovo focolaio, hanno chiuso la città non si arriva e esce più. L’ultima notizia è che a sud di Pechino sono in lockdown mezzo milione di persone perchè bisogna evitare a tutti i costi una seconda ondata, qui a Pechino tutti stiamo facendo il tampone perchè l’unico modo per capire e evitare la seconda ondata capire e sapere dove è il virus. Siamo in una fase favorevole e non bisogna abbassare la guardia”. La Botteri, infatti, rivolgendosi al pubblico di Domenica In dice: “è un sacrificio piccolissimo stare attenti, la distanza, lavarsi la mano, mettere la mascherina, cose che costano così poco e che possono salvare le vite di tante persone”. Al momento però non è ancora previsto un suo ritorno a casa in Italia come precisa proprio la giornalista: “per il momento non posso partire, non si può uscire, poi sicuramente la prima cosa è tornare in Italia dalla Saretta, dormire 48 h di seguito, farmi un piatto di pasta asciutta e una pizza”. (aggiornamento di Emanuele Ambrosio)
Giovanna Botteri: “I problemi delle giornaliste donne sono legati a…”
Per il consueto appuntamento con l’informazione sulla fase 3 dell’emergenza Covid-19 e l’aggiornamento sui dati sulla diffusione del contagio in Italia e nel mondo, a Domenica in sarà ospite in collegamento Giovanna Botteri, giornalista e inviata della Rai a Pechino dal 1° agosto 2019. La Botteri ha alle spalle una lunga carriera prima da inviata e poi da corrispondente nell’azienda di viale Mazzini, e in tutto ha attraversato 25 anni di conflitti sparsi nel globo. Senza dubbio, quella del coronavirus può essere annoverata tra le guerre più sanguinose e opprimenti del nuovo millennio, una guerra che lei stessa ha vissuto all’interno dello schieramento cinese, quello più martoriato dall’invisibile mano nemica. Ma la battaglia che più di tutte l’ha segnata e che ricorda con estremo dolore è la strage di 6 bambini a Sarajevo, quando ancora faceva l’inviata: “Erano andati a giocare con le slitte e sono morti sotto due colpi di mortaio”, ricorda in un’intervista al Corriere della Sera. “Con Miran Hrovatin andammo alla morgue, lui uscì in lacrime perché gli sembrava di aver visto suo figlio. A Baghdad le mamme avevano paura di quando i bambini uscivano a giocare, gli davano valium e tranquillanti per farli dormire di più perché stare all’aperto vuol dire schegge, bombe, morte. Ecco la guerra è anche questo: vedi in controluce le persone a cui vuoi bene e pensi: se capitasse a me?”.
Il racconto dei fatti secondo Giovanna Botteri
In un certo senso, qualcosa di vagamente equiparabile è capitato quest’anno a ciascuno di noi, in tutto il mondo. La differenza più grande per Giovanna Botteri l’ha rappresentata il suo ruolo nella vicenda: questa volta, infatti, nessuno l’ha chiamata a scendere in campo, ma a limitarsi al racconto crudo dei fatti dalla redazione di Pechino. A suo dire, però, non è poi molto diverso: “Si tratta di raccontare le persone, di fotografare quello che succede. Raccontare le cose è anche capire perché avvengono: può essere una guerra o l’ascesa di Trump, ma devi comunque spiegare come questo sia possibile, analizzare il perché. Il dovere dei giornalisti è mettere in guardia, il problema è che siamo sempre inascoltati, il risultato è che ti senti una Sibilla Cumana fallita”.
Giovanna Botteri sui problemi della donna in tv
Tornando al caso Striscia che l’ha vista coinvolta di recente, Giovanna Botteri spiega che effetto le ha fatto vedersi coinvolta per la prima volta in prima persona: “Un effetto supernegativo. In generale il problema è quando si confondono i piani, quando la tua immagine diventa notizia. Noi raccontiamo, non siamo quelli che devono essere raccontati: se la donna da soggetto diventa oggetto del racconto c’è qualcosa di sbagliato. I problemi sono sempre legati all’immagine: la giornalista che fa tv non dovrebbe mai rispondere a una serie di canoni legati al suo essere donna piuttosto che giornalista”.